Don Sciosciammocca – Il mistico napoletano Dolindo Ruotolo 24 Gennaio 2023 – Posted in: Biografie, Lo Sapevi che – Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Don Sciosciammocca – Dolindo Ruotolo

Prima di argomentare su questa figura molto importante per il popolo napoletano è d’obbligo spiegare al meglio il significato del suo soprannome “Don Sciosciammocca”.
Scherzosamente, da buon partenopeo, egli si definiva uno “sciosciammocca” (inutile cretino) cioè una nullità di fronte alla grandezza di Dio Padre, di Gesù e dello Spirito Santo.
Innamorato della Madonna, sosteneva di aver ricevuto tramite Sua intercessione i doni dell’intelletto e della sapienza quando ne aveva bisogno al ginnasio, in seminario, dopo le continue bocciature che aveva subito.
Non a caso la giaculatoria che consigliava era «Gesù pensaci tu», come il titolo del libro.

Sciosciammocca

“Sciosciammocca” in lingua napoletana sta ad indicare colui che sta a bocca aperta; letteralmente scioscia vuol dire soffia e ‘mmocca equivale a in bocca: quindi respira a bocca aperta. Si tratta quindi di una persona che si meraviglia di tutto, credulona, di una ingenuità che arriva alla stupidità.
Il suo primo ideatore fu Antonio Petito, il “re dei Pulcinella” napoletani, ma fu Eduardo Scarpetta a dargli i connotati con cui lo conosciamo ancora oggi, quando, scritturato da Petito, ne fece il compagno fedele di Pulcinella nelle sue farse;
ma Felice in breve tempo acquisì una tale forza e personalità da sostituirsi a Pulcinella diventando un autonomo protagonista, insuperabile interprete delle debolezze e delle miserie del popolo napoletano e delle difficoltà che incontrava l’emergente classe medio-borghese a cavallo tra ‘800 e ‘900.

Storia

La maschera di Felice Sciosamocca è stata ricreata da Eduardo Scarpetta che creò quest’opera basandosi sulle opere dialettiche di Antonio Petito (1822-1876), famoso per Pulcinella, e in seguito adottò anche il personaggio di Scioscamocca.

Lo stesso Antonio Petito interpretò Scapetta, assomigliando al personaggio di Felice Sciosiamocca, che lo accompagnava nella recita di Pulcinella.

Infatti, Antonio Petito scrisse molte barzellette su Scarpetta, tra cui Felice Mariullo de na Pizza e Felice Sciosiamocca Creduto Guaglione en Anno sono le più famose.

«…[Scarpetta] riferì che da piccolo Pulcinella gli faceva paura in teatro, a causa del suo volto nero, e quindi verso la metà dell’Ottocento, quando diventa anche lui capocomico e fa un teatro autonomo, immediatamente sostituisce Pulcinella con questo Sciosciammocca.»

Il Pulcinella di Petito: da contadino a cittadino

Pulcinella, rappresentante dello scemo del villaggio e vittima dei furbi, ha acquisito le caratteristiche di un uomo di città, essendo al tempo stesso arguto e arrogante, e soprattutto l’istintiva furbizia del Pulcinella della Commedia dell’Arte.

«Pulcinella in teatro diventa un personaggio, e deve attenersi ormai ad una parte scritta, ad un copione. Privata del vivificante contatto diretto con il pubblico, la maschera assume sempre più caratteristiche stereotipate.»

Da Pulcinella a Sciosciammocca

Eduardo e Pulcinella

Possiamo dire che la maschera di Felice Sciosamocca è un ulteriore sviluppo del prototipo del Pulcinella.

Più precisamente, si può parlare di mezza maschera, perché alla fine dell’Ottocento il teatro napoletano subisce una trasformazione da teatro di maschere borboniche a teatro di personaggi.

Pulcinella rappresenta un mondo di «facile e furbesco, nient’altro che questo,passione un tempo e frenesia di due plebi quella del trivio e quella della corte».

Un personaggio, diventato “simboli di una popolazione pigra che si era alleata con i vecchi poteri”, che doveva essere sostituito con altri più adatti alla nuova cultura unificata.

Sciosamocca rappresentava un tipo di personaggio assertivo, con un costume di scena costituito da un abito a quadri fantasia ben logoro e più corto del dovuto, con cappello, papillon, bastone sottile e scarpe sovradimensionate che poggiavano leggermente sulla testa.

Nel complesso, l’abito assomiglia molto all’imitazione stilizzata della borghesia da parte di Charlot.

Sciosciammocca è infatti un «piccolo borghese… studente povero… o figlio di famiglia viziato che non vuole studiare e corre appresso alle donne; ma talora è anche giovane di farmacia, scrivano, scarpaio, maestro di musica e di calligrafia».

«[Sciosciammocca] maschera del piccolo borghese povero ma ambizioso, con il quale [Scarpetta] ha scalzato e spodestato Pulcinella, per realizzare un teatro adeguato a un pubblico che “voleva ridere” ma vedere attori e non maschere sul palcoscenico, attori ben vestiti che recitassero e non improvvisassero … La comicità deve nascere dall’ambiente, dalla situazione scenica, dal personaggio … Ma io credo di aver avuto le mie buone ragioni di averla cercata soprattutto nella borghesia dove essa zampilla più limpida e copiosa. La plebe napoletana è troppo misera, troppo squallida, troppo cenciosa per poter comparire ai lumi della ribalta e muovere il riso.»
Pulcinella, pur abbandonando la volgarità del genere teatrale più antico, rimane espressione della cultura contadina napoletana contrapposta a quella borghese di Sciosiamocca, ed entrambi i personaggi convivono in una serie di commedie.
Pulcinella conserva i gesti e i movimenti espliciti di prima, mentre i movimenti di Sciosiamocca sono più sobri per distinguersi dalla personalità esplosiva di Pulcinella.

Da Sciosciammocca a Totò

Il nome del personaggio divenne noto al pubblico attraverso tre film che Toto girò per il cinema: Un turco napoletano (1953), Misia e nobiltà (1954) e Il medico dei pazzi (1954).

In realtà, però, il Toto mascherato ha mantenuto solo il suo nome, cancellando completamente il personaggio di Ciociammocca e sostituendolo con la scenografia di Toto.

Don Sciosciammocca (Don Dolindo Ruotolo)

«La vera felicità temporale ed eterna sta nel possesso di Dio.» (Don Dolindo Ruotolo)
Quinto degli undici figli di Raffaele, ingegnere e matematico, e Silvia Valle, discendente della nobiltà napoletana e spagnola, ebbe un’infanzia difficile per problemi di salute e per le ristrettezze economiche della famiglia.
Nel 1896, con la separazione dei genitori, Dolindo (il cui nome si richiama al “dolore”) fu avviato col fratello Elio alla Scuola Apostolica dei Preti della Missione, e tre anni dopo fu ammesso al noviziato.
Prese i voti religiosi il 1º giugno 1901 e due anni dopo chiese senza successo di essere inviato in Cina come missionario.

“…Chiudete gli occhi e lasciatevi portare dalla corrente della mia grazia, chiudete gli occhi e non pensate al momento presente, stornando il pensiero dal futuro come da una tentazione, riposate in me credendo alla mia bontà…”

La sua vita travagliata (nomen homen direbbero i latini!), fu segnata da numerose incomprensioni a causa della sua sospensione “a divinis”, prima con l’accusa di essere un “eretico formale e dogmatico” e poi l’inquisizione da parte del Sant’Uffizio.

Fu sottoposto anche ad una perizia psichiatrica che nulla produsse . Fu riabilitato definitivamente il 17 luglio del 1937.

Nel 1960 un ictus gli immobilizzò il lato sinistro del corpo. Morì il 19 novembre 1970. Il suo corpo è tumulato nella chiesa di San Giuseppe dei Vecchi e di Nostra Signora di Lourdes a Napoli.

Nella sua festa liturgica ogni 19 novembre centinaia di devoti si recano presso la chiesa di San Giuseppe dei Vecchi e Immacolata di Lourdes, per bussare alla sua tomba e chedergli la grazia.

È invalso il costume presso i napoletani di bussare per tre volte in nome della SS. Trinità sul marmo del suo sepolcro, pregando con tanta fede per ricevere grazie spirituali e materiali attraverso la sua intercessione, poiché egli disse: «quando sarò morto, venite a bussare alla mia tomba per tre volte ed io vi risponderò».

Il culto

Padre Dolindo Ruotolo in un’immagine votiva

Ebbe ancora in vita fama di santità. Di lui disse san Pio da Pietrelcina, ai fedeli napoletani in pellegrinaggio da lui: «Perché venite qui, se avete don Dolindo a Napoli? Andate da lui, egli è un santo».

Il suo biografo Luca Sorrentino ne traccia questo ritratto:

«Un amanuense dello Spirito Santo, una Sapienza infusa dall’alto, un taumaturgo di non minor presenza di Padre Pio da Pietrelcina, uno stigmatizzato di Cristo già nel nome, un figlio prediletto della Vergine iniziato alla sapienza delle Scritture, un servo fedele che volle essere il nulla del nulla in Dio e il tutto di Dio negli uomini.»

Viene ricordato anche per un messaggio profetico circa l’elezione di Giovanni Paolo II riportato sul retro di un’immagine della Madonna, e indirizzato al polacco Vitold Laskowski.

Il documento, autenticato dal vescovo Pavel Hnilica, riguarda anche la fine del comunismo:

«Il mondo va verso la rovina, ma la Polonia, come ai tempi di Sobieski, per la devozione che ha al mio cuore, sarà oggi come i 20.000 che salvarono l’Europa e il mondo dalla tirannia turca. Ora la Polonia libererà il mondo dalla più tremenda tirannia comunista. Sorge un nuovo Giovanni, che con marcia eroica spezzerà le catene, oltre i confini imposti dalla tirannide comunista. Ricordalo. Benedico la Polonia. Ti benedico. Beneditemi. Il povero don Dolindo Ruotolo – Via Salvator Rosa, 58, Napoli».

Considerato da molti un maestro della spiritualità napoletana e della Chiesa cattolica, riposa nella chiesa di San Giuseppe dei Vecchi, mentre nella chiesa di San Giuseppe dei Nudi si trova la tomba di suo fratello Elio.

Attualmente è in corso il processo di canonizzazione.

Aneddoti

Che legame aveva don Dolindo con la Madonna?

Lui diceva di essere ‘o vecchiariello d’a Madonna! Era la Mamma sua… l’ultimo slancio d’amore, l’ultimo libro lo scrisse per omaggiarla.

Questo mentre si avviava alla morte, con una paralisi che gli aveva bloccato da anni il lato sinistro, le gambe gonfie, l’artrosi che l’aveva piegato in due: bisognava prendergli il braccio per fare la consacrazione perché lui da solo non ce la faceva più.

Teneva sull’altare una statua di Maria, che adesso custodisco io, e mentre celebrava la Messa volgeva lo sguardo e diceva: “La Madonna, in questo momento, sta portando tante anime in Paradiso”.

Don Dolindo è stato anche un grande confessore. Ci può raccontare qualcosa?

Aveva il dono di scrutare i cuori. Quando un penitente si inginocchiava per dirgli i propri peccati, lui li sapeva già…

Se gli capitavano dei penitenti con peccati gravi, li ascoltava senza dire una parola, ma intanto piangeva pensando al dolore che questi peccati avevano causato a Gesù e Maria.

E poi, finita la Confessione, apriva il confessionale e abbracciava forte il confessato: “Quanto sei buono! Io non so se avrei avuto il coraggio di confessare questi peccati”, gli diceva padre Dolindo. Sa quali effetti! Pure i peccatori più incalliti diventavano delle pecorelle, degli apostoli di Dio, non si allontanavano più dalla Chiesa.

Il Volto di Gesù Misericordioso di Don Dolindo Ruotolo

Molti di noi forse, e assai probabilmente, hanno avuto tra le mani questa immaginetta, o avranno visto almeno una volta questo Volto Santo, ma pochi conoscono la sua origine che sarà per noi edificante conoscere.

La storia è breve, semplice, tipica di quelle “vie silenziose” attraverso le quali la Divina Provvidenza ama imprimere la Sua firma.

La signora Anna di Trani racconta che nel 1960 suo padre, che all’epoca lavorava a Napoli, conobbe Don Dolindo un sacerdote che in quella città nutriva già fama di santità. Tra la famiglia di Trani e Don Dolindo Ruotolo nacque subito una grande amicizia e una folta corrispondenza epistolare.

La bontà e la saggezza del prete conquistarono l’intera famiglia, in particolare la madre Lucia, pittrice dilettante che decise di ritrarre l’umile sacerdote napoletano.

Dopo che Don Dolindo vide quel quadro a lui dedicato, invitò la signora Lucia a raffigurare il volto di Gesù e gli indicò come modello la foto della Sacra Sindone, ma per tre volte la esortò umilmente a ricominciare da capo, perché non era soddisfatto del risultato ottenuto.

Vista la difficoltà, Don Dolindo, decise allora di intervenire benedicendo le mani, i colori e i pennelli della signora Lucia e affermò che Gesù “aveva scelto proprio lei” per dipingere il suo Volto. Nel 1963 la signora Lucia tornò da Napoli e si rimise all’opera incoraggiata anche dalla famiglia.

Nelle lettere che Don Dolindo scrisse, a nome del Signore, le rivelò che la realizzazione di quel Volto avrebbe aiutato tante persone a convertirsi. Finalmente con la speciale benedizione dell’umile Sacerdote, Lucia riuscì a dipingere un volto di una particolare bellezza e fascino che il santo prete, appena lo vide, commosso le disse: “E’ Lui!”.

 

 

Il quadro (una tela piccola 50×70) venne regalato allo stesso Don Dolindo e da quel momento migliaia di copie vennero distribuite in tutto il mondo. Qualche anno fa l’autrice del dipinto, all’età di novanta anni, decise di fotografare nuovamente il quadro originale con l’aiuto di un fotografo professionista ma solo in quella circostanza si accorse che il suo dipinto raffigurante il volto di Gesù era stato rubato dalla casa del santo sacerdote napoletano, ormai scomparso. Lucia sognava di vedere quel quadro accanto alla tomba del Servo di Dio, oggi meta di numerosi pellegrini di tutto il mondo, ma ci si è dovuti accontentare di una fotografia.

L’originale è scomparso, dunque, non si sa chi l’abbia, ma la Provvidenza che opera in mille modi, ha fatto in modo che l’immagine rimanesse in circolazione. Ingrandendo l’immagine qui a lato, potrete scaricarla e tenerla con voi, oppure potrete farne richiesta alla Casa Editrice Mariana.

A seguire la Lettera che Don Dolindo scrisse a Lucia, per confermare l’ispirazione di Gesù stesso.

5 febbraio 1966 Gesù all’anima tua:

Quando mi dipingevi con questa immagine ed il tuo pennello, mosso dal tuo amore, tracciava gli occhi miei, io avevo lo sguardo mio sopra di te e sulla tua famiglia.

Circolano ora, dovunque, le fotografie del tuo dipinto e da ognuna di esse si irradia su di te, figlia mia, lo sguardo di benedizione che io ti rivolgo quando preghi, quando gemi, quando implori misericordia sugli altri. Mi dipingesti nella maestà del mio volto ed ogni immagine del tuo dipinto è un’implorazione del mio regno d’amore e di misericordia sul mondo. Perciò ti benedico e moltiplico su di te e sulla tua casa le mie benedizioni. Gesù tua vita e tuo amore. Amen. 

                                               Vi benedico… Il povero sacerdote Don Dolindo Ruotolo

 

Consiglio di acquistare il seguente libro che ben racconta di questa splendida persona

«Gesù, pensaci tu!». Vita, opere, scritti & eredità spirituale di don Dolindo Ruotolo nel ricordo della nipote 

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