IL DIALETTO BARESE 4 Settembre 2022 – Posted in: Modi di dire – Tags: , , , , ,

BARI

Pedresìne? Deriva dal greco. Tavùte? Dall’arabo. E criànze? Ha origine spagnola.

Come detto il dialetto barese, pur discendendo dal latino, nel corso dei secoli ha preso in prestito una serie di termini provenienti da Paesi stranieri.

E questo perché durante i suoi 4mila anni di storia la città è stata conquistata e dominata da numerosi popoli arrivati da ogni dove, che qui hanno lasciato tracce anche nell’architettura, nella cucina e persino nei cognomi.

In un altro articolo vi abbiamo parlato delle parole baresi che derivano dal francese, oggi ci soffermeremo su quelle legate al greco, all’arabo e allo spagnolo.

(Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà).

Per il primo, va detto che Bari divenne per secoli una città della Magna Grecia (sino al 326 a.C.), ma a influire maggiormente sulla lingua fu la seconda dominazione bizantina(876-1071).

I saraceni rimasero invece nel capoluogo pugliese per pochi anni  (dall’847 all’872), pur incidendo su diversi aspetti culturali della città. Al contrario degli spagnoli, che regnarono quasi ininterrottamente dal 1557 al 1860 (a parte le brevi parentesi degli Asburgo e dei Francesi).

Per approfondire l’argomento ci siamo rivolti a Gigi Andriani, linguista barese esperto di dialettologia e sintassi e quindi soprattutto di dialetto barese!

Partiamo dalle parole di origine greca: in che modo sono entrate nel dialetto barese?

È possibile che alcune possano essere state adottate dalla popolazione locale già nel periodo della Magna Grecia. Tuttavia c’è da ricordare che Bari rappresentò solo uno dei porti dell’area magnogreca, la quale vedeva il suo principale centro pugliese in Taranto.
Fu piuttosto il secondo periodo bizantino, dall’876 al 1071, a stabilire un forte rapporto della città con la cultura ellenistica: in quegli anni infatti Bari fu elevata a Catepanato, massima rappresentanza politica dell’Impero.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.

Facciamo qualche esempio di termine proveniente dall’Est.

I vocaboli più comuni appartengono al campo della flora e della fauna o a oggetti usati nella vita quotidiana. Ad esempio amínue (mandorla) e pedresìne (prezzemolo) provengono (attraverso la mediazione del tardo latino) da “amigdàle” (ἀμυγδάλη) e “petrosèlinon” (πετροσέλινον). Ancora, la parola barese per civetta, checchevàsce, sembra coincidere con la greca “kukubàghia” (κουκουβάγια). Oppure u cèndre (il chiodo) e il suo derivato cendròne che ha esteso il suo significato a un tipo di mal di testa, trova un preciso corrispettivo in “kéntron” (κέντρον).

Quest’ultimo indicava il pungolo, strumento utile per spronare i cavalli al galoppo. Anche u càndre (o quàndre), antenato del gabinetto, arriva dal greco “kàntharos” (κάνθαρος) che rappresentava un tipo di coppa. Infine l’esclamazione barese !: si tratta esattamente della particella greca na” (να) che significa pressappoco “ecco”.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.

È vero che anche “rimmato” deriva dal greco e non dal latino? Si suppone che remmàte, che sta a indicare l’immondizia (di solito esteso anche in maniera dispregiativa alle persone), venga dal greco “riùmma, riummatos” (ῥύμμα, ῥύμματος), letteralmente sapone ma anche residuo, del lavaggio. Tuttavia il termine è sicuramente stato mediato dal latino rimatum, come attestato da due pergamene del Codice Diplomatico Barese risalenti al 1000/1100.

Una curiosità: la cartellata, il celebre dolce natalizio, non solo è di origine greca ma deve il suo nome proprio a “kàrtallos” (κάρταλλος: cesta).

Passiamo agli arabi.

Va detto che le parole arabe sono probabilmente entrate in vari momenti storici, anche attraverso altre lingue, come è avvenuto per la maggior parte degli arabismi presenti in italiano (zucchero, limone, zafferano, sorbetto). Tra l’altro il periodo dell’Emirato di Bari rappresentò una dominazione berbera più che araba: il capoluogo pugliese fu strappato ai bizantini da Khalfun, condottiero che arrivava dal Nord-Africa.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.

Il barese è però pieno di termini che arrivano dal Medioriente…

Sì e alcuni sono molto conosciuti e diffusi anche nel resto del Mezzogiorno. Basterebbe citare il tavùte, ossia la cassa mortuaria: proviene da “tābūt” che in arabo ha lo stesso significato. Si pensi poi all’arancia (marànge) che in realtà dovrebbe derivare dal persiano “nāranğ” o dallo spagnolo naranja.
Un altro arabismo del barese è zaràffe, che sta per “truffatore, imbroglione”: viene da “sarrāf/sayrāf” (cambiavalute). Secondo poi un’ipotesi del linguista Giovan Battista Pellegrini riadattata dall’arabista Luigi Serra, pare che anche che il termine locale per zanzara, zambàne, si possa ricollegare a “zabāniya”, cioè demone infernale, per via delle punture dell’insetto.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.

Eccoci ora agli spagnoli, che oltre ad aver portato in Puglia la “paella” (ovvero la tiédde di patate, riso e cozze) hanno influito sulla lingua durante una lunga dominazione.

Tuttavia non bisogna sovrastimare il peso di una dominazione nell’evoluzione di una cultura e, dunque, di una lingua.

Gli iberici presenti in città erano soprattutto amministratori, esponenti del clero, soldati o commercianti, quindi entravano a contatto con la popolazione locale solo in determinate occasioni. Ok

Inoltre, c’è da aggiungere che la conoscenza delle lingue dei dominatori non è mai stata imposta alla popolazione locale. Anche se è vero che ci sono termini, magari latini, che sicuramente si sono affermati in Italia per merito della dominazione spagnola.

Ad esempio criànze, con il significato primario di buona educazione, viene dallo spagnolo crianza (cortesia), che a sua volta deriva dal verbo “criar”, ossia allevare, educare.

Per i verbi troviamo attrassà che sta per “ritardare” (da “atrasar” spagnolo dallo stesso significato). Oppure abbuscquà che viene da “buscar”, parola che in realtà vuol dire “cercare”, ma che nel Meridione ha preso il significato di “ricevere”: una ricompensa magari, ma anche le cosiddette mazzàte.

(Fonte bit.ly/3ilp5Fw)