IL DISPIEGARSI DELLA BELLEZZA IN SEVERINO E HEIDEGGER 29 Luglio 2022 – Posted in: Momenti – Tags: , , , , ,

LA BELLEZZA

LA BELLEZZA

Parlare di bellezza è sempre estremamente complesso, ed è evidente come tutti coloro che nel corso dei tempi abbiano voluto tentarne una definizione si siano trovati al cospetto di un qualcosa di ‘indefinito’ e indefinibile.

“Al di là del nichilismo cinico: sapere di essere già da sempre salvi, nella bellezza”.

E rileviamo come l’estetica moderna stessa abbia certamente contribuito a diffondere questa convinzione, secondo cui appunto il suo contenuto sia un qualcosa di effimero, evanescente.

Baumgarten infatti, prima ancora di Kant, nel suo Meditazioni filosofiche su argomenti concernenti la poesia del 1753, riserva all’estetica il campo della conoscenza che, dipendendo dalla percezione (il significato discende etimologicamente dal termine greco aisthànomai, percepisco con i sensi, sento; àisthesis, sensazione), ha ad oggetto non idee chiare e distinte, ma vaghe e confuse.

Abbiamo così l’impressione che il bello, e più in generale la sua disciplina Estetica, si interessino del non necessario, del superfluo.

Baumgarten

I contenuti della religione, della scienza, della tecnica, avrebbero invece a che fare con i beni necessari, indispensabili, quelli che Heidegger inserirebbe nella ‘sfera della progettualità dell’Essere in quanto tale, nella sua gettatezza nel mondo’.

Noi consideriamo questo invece: la bellezza è primaria, fondamentale, determinante.

La bellezza dunque è in grado di salvarci, come troviamo ne l’Idiota di Dostoevskij  e non a caso è Emanuele Severino, che con il suo estremo acume, riesce a parlarne in modi e tempi appropriati, mettendo in relazione la bellezza e la ‘festa arcaica’.

Tra Eterno, progettualità e tecnica

Tra Eterno, progettualità e tecnica

Dobbiamo chiederci, con Severino, perché l’uomo fa festa; evidentemente, per trovare un rimedio al pericolo della vita, ad una ermeneutica della finitudine (Kant).

Il rimedio come festa include, unifica, ciò che poi verrà chiamato religione, filosofia, tecnica, arte; la bellezza è quindi un aspetto fondante del ‘rimedio’, non legato ad una staticità dell’evento dell’Essente, ma piuttosto legato e incontrovertibilmente derivante dal progettare esistenziale heideggerianamente inteso.

Si noti come Severino, citando il Simposio di Platone arrivi ad affermare che:

si vuole il bene mediante il bello per essere vincitori sulla morte e questo può essere ottenuto dai mortali tramite la generazione dei figli, che li continuano. L’uomo è colui che contempla la verità e contemplando l’idea della bellezza è in grado di partorire ciò che più conta: la vera virtù che produce la vita immortale. Il bello compare quindi come strumento mediante il quale è possibile, sia nel corpo che nell’anima, liberarsi della morte. Infatti in tutta la storia dell’occidente la storia della verità è storia della bellezza.

severino del bellow

Sostanzialmente, rileviamo come per il Severino, e per Platone evidentemente, il bello sia strumento essenziale per arrivare al bene-progettato-progettualità e si capisce chiaramente come questa concezione sia ben diversa da quella secondo cui il bello-bellezza è un semplice ornamento per commentare, adulare, dire cose non necessariamente vere.

Ma il filosofo Severino va oltre, e non potrebbe essere altrimenti per un pensatore che ha ottimamente gestito il campo dell’ignoto come nessuno mai prima di lui:

La bellezza appartiene alla categoria del rimedio, è tutto ciò che resta dopo che la civiltà della tecnica avrà fallito. Cosa vuol dire rimedio? Vuol dire fede nell’esistenza del pericolo, il pericolo è quel divenire, quel fuoco annientante al quale anche l’uomo appartiene. La bellezza è il grande rimedio contro la morte, oltre ogni forma di nichilismo. La bellezza ci consente di guardare in faccia la morte e il nulla, andando oltre.

Dobbiamo chiederci a questo punto: c’è un filo conduttore tra il pensiero di Severino, una relazione filosoficamente rilevante tra il dispiegarsi vitale della bellezza attraverso l’eternità dell’Essente in quanto essente, e quindi di ogni Essente, che è vita corroborata dalla struttura originaria della verità, ed il farsi-progettuale di Martin Heidegger?

Ad oggi, ritengo estremamente possibile e probabile questo filo conduttore, se solo si consideri il motivo dominante del discorso di Severino, esposto per la prima volta nel saggio Metafisica e filosofia pratica in Aristotele:

La negazione del divenire scaturisce immediatamente dall’autentico principio di Parmenide; l’essere è. Se l’essere diviene, se il positivo sopraggiunge, prima di sopraggiungere, non era. Ed è appunto questo l’assurdo, o è questa la definizione dell’assurdo, che l’essere non sia…Tutto è necessario allora.

(E. Severino, La metafisica classica e Aristotele,in Fondamento della contraddizione)

Platone chiama bello ciò che massimamente risplende e attrae, cioè, per così dire, la visibilità dell’ideale.

Ciò che riluce in tal modo più di ogni altra cosa, che possiede in sé una tale luce persuasiva della verità ed esattezza, è quel che noi tutti percepiamo come il bello nella natura e nell’arte, e che necessita la nostra approvazione quando diciamo: «questo è il vero». […] l’essenza del bello non consiste nel fatto di essere solo posta di fronte od opposta alla realtà; essa consiste piuttosto nel fatto che la bellezza, per quanto inaspettata possa essere, sopraggiunge, è come una garanzia che, in tutto il disordine del reale, in tutte le sue incompiutezze, cattiverie, storture, parzialità, in tutti suoi fatali sconvolgimenti, il vero purtuttavia non resti irraggiungibilmente lontano, ma ci si faccia incontro attraverso l’intuizione, ed è proprio la funzione ontologica del bello  quella di colmare l’abisso che si apre tra l’ideale e il reale.

Imprescindibile derivazione del pensiero di Heidegger, nei concetti di essere, di divenire, sopraggiungere.

Cosa sono se non progettualità ontologicamente intesa, come non rinvenire nei criteri di bellezza-progettualità i crismi di un superamento della morte biologicamente intesa e che appare vinta da quella bellezza generalmente intesa che è vita eterna, progettualità, ossia l’anticipazione della possibilità. Sostanzialmente, come direbbe Heidegger, la «sua (dell’Essere) costituzione ontologico-esistenziale più propria» (M. Heidegger, Essere e Tempo, p. 31).

Per quanto, va rilevato come la nozione di progettualità sia entrata a far parte della terminologia filosofico-scientifica contemporanea, al di là dell’ambito strettamente esistenzialistico, per designare le più disparate condizioni della vita umana.

A questa dinamica dell’apparire e del nascondimento Heidegger riconduce poi la stessa nozione di bellezza: «Ponendosi in opera, la verità appare. L’apparire, in quanto apparire di questo essere-in-opera e in quanto opera, è la bellezza»

Il bello rientra pertanto nel farsi evento nella verità.

La struttura dell’apparire-della-bellezza, evidenzia Severino, non necessariamente ci dice come le cose appaiono, come le vediamo (vediamo, in termini di conoscenza sensibile e di bello-Assoluto).

Un elemento del bello necessariamente si mostrerà insieme al suo apparire; nel momento in cui ciò che decifriamo come bello scompare, all’esperienza sensibile comunque rimarrà l’Essenza di quel bello-Assoluto-percepito-vissuto-introiettato e progettato evidentemente come possibilità d’essere dell’Essere.

La questione relativa al nesso tra ciò che è occultato e ciò che occulta, la bellezza, inerisce il rapporto tra realtà e illusione; il nascosto, il concetto di eterno-bello, è una  realtà che la scienza non può descrivere.

Fenomenologicamente, i concetti di Eterno-bello-Assoluto-bellezzanon esistono, sono ‘pura intuizione’ del soggetto, che, unico, li intuisce, ed è nel momento dell’intuizione del bello-Assoluto che il soggetto lo fa proprio e quella Essenza sarà bellezza per quell’Essente che l’ha colta.

Tutto ciò chiaramente alimenta il desiderio di trovare una qualche forma di conferma che l’anima esiste e ha il potere di superare la morte intuendo il bello e farlo proprio. É un aspetto centrale del nostro discorso: salvaguardare il nostro cuore e il nostro più intimo sentimento di immortalità, che possiamo chiamare spiritualità, la quale è sempre alla ricerca di immagini con cui manifestarsi.

Baumgarten

Gadamer:

“Il concetto del bello ci si fa incontro, ancor oggi, nei molteplici usi in cui sopravvive ancora qualcosa del senso antico – ed in ultima analisi greco – della parola kalovn. Anche noi talvolta colleghiamo ancora al concetto del “bello” il fatto che esso sia riconosciuto pubblicamente da usi e costumi e cose del genere; che esso, come noi diciamo, sia gradevole alla vista, e che sia destinato a fare bella figura”.  (H.G. Gadamer, L’interpretazione del bello, 1977).

L’errore fondamentale del pensiero occidentale, secondo Severino e secondo il primo Heidegger, è il nichilismo, «una filosofia della nientità delle cose, che pensa e vive le cose come un niente».

Per Severino l’identificazione tra niente e non-niente-bello-progettualità  rappresenta  la follia estrema , la violenza originaria, «l’alienazione essenziale in cui cresce la storia dell’Occidente».

A partire dall’Idea platonica, sfociata nel Dio cristiano, fino ad arrivare al compimento della razionalità tecnico-scientifica, la storia dell’Occidente diviene il susseguirsi di maschere pronte a nascondere il grande peccatum originalis: la dimenticanza dell’essere.

In Severino queste maschere prendono il nome di ‘Immutabili’, ovvero entità e valori che si sottraggono all’incombenza del divenire assumendo le vesti dell’Eterno, dell’immutabile.

Ora, se tra i primi Immutabili troviamo Dio, considerato il ‘Primo tecnico’, oggi siamo dinanzi all’’Ultimo Tecnico’, cioè la tecnica stessa, capace di creare e annientare il mondo e il bello-Assoluto (la bellezza) attraverso l’incremento indefinito della propria potenza.

La tecnica, nella sua essenza, è qualcosa che l’uomo di per sé non è in grado di dominare.

E allora: solo la bellezza ci potrà salvare. La civiltà della tecnica ha già fallito.

(Fonte https://fiorivivi.com/2021/05/27/il-dispiegarsi-della-bellezza-in-severino-e-heidegger/?fbclid=IwAR1zyFQcUh0g8J_hHBXU0fVO8gzuIY59mTBYzxdooHgNjf-wbf_BMAkDRSk)