26 Giugno – Giornata Mondiale contro la Droga 27 Giugno 2023 – Posted in: Lo Sapevi che – Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Giornata mondiale contro la droga – Il ricordo di Edoardo Agnelli

La Giornata Mondiale contro la Droga è una giornata di sensibilizzazione che si tiene il 26 giugno di ogni anno per combattere l’abuso e il traffico di droghe. Questa giornata è stata istituita nel 1987 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per evidenziare la necessità di adottare misure per prevenire l’uso di sostanze stupefacenti e promuovere la salute e il benessere delle persone.

L’obiettivo principale della Giornata Mondiale contro la Droga è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle conseguenze negative dell’abuso di droghe, promuovere la prevenzione, la riduzione dei danni e il trattamento efficace per le persone coinvolte nelle dipendenze.

Durante questa giornata, vengono organizzate diverse iniziative a livello globale, come conferenze, manifestazioni, eventi sportivi, concerti e altre attività volte a informare e coinvolgere le persone nella lotta contro la droga. L’obiettivo è educare le persone sui rischi associati all’uso di droghe, promuovere stili di vita sani e fornire sostegno alle persone che lottano contro la dipendenza.

La Giornata Mondiale contro la Droga è un’opportunità per incoraggiare il dialogo e la collaborazione tra governi, organizzazioni non governative, istituzioni sanitarie, comunità e individui per contrastare il problema delle droghe e lavorare insieme per creare società più sane e sicure.

  • Simbolo: il simbolo ufficiale della Giornata Mondiale contro la Droga è un cerchio blu con una foglia di marijuana attraversata da un tratto rosso. Questo simbolo rappresenta la necessità di affrontare in modo globale il problema delle droghe e promuovere la salute e il benessere delle persone.
  • Tema annuale: ogni anno, la Giornata Mondiale contro la Droga ha un tema specifico che viene affrontato attraverso le attività e gli eventi. Ad esempio, alcuni dei temi recenti sono stati “Ascoltare i giovani: affrontare i problemi, trovare soluzioni” e “Salute per la giustizia, giustizia per la salute”.
  • Coinvolgimento delle comunità: la Giornata Mondiale contro la Droga coinvolge una vasta gamma di attori, tra cui governi, organizzazioni non governative, istituzioni sanitarie, comunità e individui. Attraverso il coinvolgimento di diverse parti interessate, si promuove la collaborazione e il dialogo per affrontare il problema delle droghe in modo più efficace.

Oltre alle iniziative di sensibilizzazione e agli eventi organizzati durante la Giornata Mondiale contro la Droga, esistono anche sforzi continui per affrontare il problema delle droghe a livello internazionale.

Le Nazioni Unite, attraverso l’Ufficio delle Nazioni Unite per la Droga e il Crimine (UNODC), svolgono un ruolo fondamentale nella promozione di politiche e strategie globali per contrastare il problema delle droghe.

L’UNODC lavora con i governi di tutto il mondo per sviluppare programmi di prevenzione dell’abuso di droghe, migliorare le capacità di applicazione della legge e promuovere l’accesso al trattamento per le persone che soffrono di dipendenze.

Inoltre, molti paesi hanno adottato politiche nazionali per affrontare il problema delle droghe, che possono includere misure di prevenzione, trattamento e riduzione dei danni. Queste politiche mirano a contrastare il traffico di droghe, ridurre l’offerta di sostanze stupefacenti illecite e fornire supporto alle persone che lottano con la dipendenza attraverso servizi di trattamento e recupero.

È importante sottolineare che la lotta contro la droga è un problema complesso che richiede un approccio equilibrato, combinando la prevenzione con il trattamento, l’applicazione della legge e l’educazione. Inoltre, è fondamentale affrontare anche le cause sottostanti dell’abuso di droghe, come la povertà, la disuguaglianza sociale, la mancanza di opportunità e la marginalizzazione.

Edoardo Agnelli

Vogliamo ricordare in questa giornata dedicata alla lotta contro la droga, Edoardo Agnelli, per rappresentare una linea che racconta del complesso e mostruoso mondo della droga…

Primogenito di quell’esteta glaciale che fu l’Avvocato, destinato in potenza ma fatalmente inadatto al jet set del capitalismo italiano. Edoardo Agnelli non fu solo un rampollo fallito, ma rappresentò la vera nemesi di una dinastia, di un’epoca e di un’ideologia, quella capitalista, che mantiene, secondo le parole di Byung-Chul-Han, “la credenza arcaica che il patrimonio accumulato scacci la morte”.

Edoardo nacque a New York nel 1954, trascorrendo l’infanzia tra Villar Perosa e gli Stati Uniti, dove studiò letteratura e si appassionò alle religioni orientali. Non ereditò quasi nulla del pragmatismo pungente della famiglia: spesso ricorreva a una battuta, come “più fiori e meno automobili a Mirafiori”, che sicuramente l’Avvocato non apprezzava. Scriveva lettere al padre in cui, dopo l’epigrafe emblematica di “Signor Presidente della Fiat”, seguivano critiche alla gestione troppo utilitaristica e alienante della Fiat. Nell’ultima lettera alla sorella, scrisse: “sai bene che la mia mente vola in alto sopra le megalopoli industriali e, osservando attentamente dall’alto, non vede nulla di buono e molto da trasformare”.

Questo basta a mostrare le dinamiche di un rapporto inconciliabile tra mondi e personalità antitetiche. Gianni, seduttore mondanissimo, superuomo dell’industria con un ego smisurato, ed Edoardo, raffinato umanista capace di discutere con Margherita Hack, incline a svuotarsi di sé nella meditazione anziché nel lavoro.

L’unico legame che Edoardo mantenne con quella dinastia così intrisa di ambizione e spregiudicatezza fu la sua passione innata, sebbene incompiuta, per la Juventus. Il tifoso Edoardo ammirava gli eroi dello stile Juve: Platini, Scirea, Cabrini. Boniperti lo ricorda come un appassionato sostenitore appassionato e vivace: “era davvero competente nel calcio. Ma a modo suo, un po’ geniale, un po’ originale. Studiava il gioco come un allenatore”. Ma non solo come allenatore, perché il primogenito dell’Avvocato “riusciva a vedere il calcio al di là dei limiti del campo, al di là degli spogliatoi. Ne coglieva gli aspetti sociali, culturali. Leggeva molto, rifletteva molto. Per lui, il calcio era soprattutto stile, eleganza, signorilità, sportività”.

Nel 1986 fece parte del consiglio di amministrazione della Juventus per un breve periodo. Durante una partita nel 1986, forse Juventus-Milan, si sedette persino in panchina accanto a Trapattoni per rinvigorire i giocatori e fornire indicazioni tecniche, correggendo disposizioni e marcature: l’entusiasmo fu così grande che l’arbitro a metà partita lo invitò ad abbandonare il campo.

Pagò un prezzo caro per un’intervista di quel periodo in cui si candidò come presidente della Juventus al posto di un “stanco” Boniperti. Tuttosport dedicò le prime nove colonne della prima pagina alle clamorose rivelazioni, ma il giorno successivo l’avvocato Chiusano convocò in ufficio il presidente Boniperti, l’autore dell’intervista Marco Bernardini, il direttore del giornale e li costrinse a fare immediatamente marcia indietro. L’unico legame possibile con la famiglia fu così definitivamente spezzato.

Edoardo soffriva – intensamente ma in silenzio – della volontà della famiglia di escluderlo da ogni dinamica aziendale: era deluso dal fatto che gli eredi designati fossero prima Giovannino e poi John Elkann. Se la sua lontananza dai riflettori e dal successo fu una scelta volontaria, l’esclusione totale da ogni forma di successione lo confermò come una presenza insignificante, nomade, nel complesso contesto di Villar Perosa: un Agnelli non solo atipico, ma incompiuto, eternamente in cerca di un’autore.

Nel 1986 dichiarò all’Espresso:

“Amo condurre una vita ritirata, quasi ascetica, per rimanere in contatto con me stesso”.

Edoardo dedicò la sua esistenza terrena alla ricerca di una verità più profonda rispetto alla realtà fisica, poiché sosteneva che “tutte le cose sono come Dio le vede: è una cosa che accetto, anche se può non piacere. Al di fuori di noi, esiste una verità assoluta delle cose, come sono sempre state e come sono, e solo Dio la conosce”. La verità ultima non poteva essere quella del capitalismo, che criticò anche in una celebre intervista dopo la Marcia della Pace di Assisi (un contesto non propriamente agnellianno), definendo “utopico e irrealistico pensare che debba durare per sempre”.

La ricerca dell’assoluto si manifestò nella sua conversione all’Islam e in alcuni pellegrinaggi successivi, prima in India e poi, affascinato dalla figura dell’Ayatollah Khomeini, in Iran sciita, paese che ancora oggi onora la sua figura.

Nel suo cammino di ricerca interiore, non mancarono surrogati spirituali: nel 1990, durante un viaggio in Kenya, fu arrestato per possesso di eroina. L’episodio si risolse in una situazione di stallo, ma mostrò come nel corso del tempo il percorso spirituale di Edoardo assomigliasse sempre più a un nomadismo fine a sé stesso.

All’età di quarantuno anni, Edoardo Agnelli era ingrassato, logorato dalla depressione, dalle droghe e dalla consapevolezza di essere intrappolato nelle acque turbolente dell’esistenza: chiese di rifugiarsi in “un luogo estremamente privato”, in una “camera di decompressione per recuperare energie mentali”. Come il poeta, non voleva più essere se stesso, ma solo sollevato da terra, con quella leggerezza che agli uomini della famiglia Agnelli non era concessa.

La sua vita era un’esperienza irrisolta e delusa: insormontabile era il divario tra la dinastia d’origine e i modelli di riferimento, tra cui spiccava Francesco d’Assisi, “uno che soffrì molto perché era considerato matto e venne esautorato persino dall’amministratore del suo ordine” (!).

Nell’impossibilità di ascendere e elevarsi, Edoardo Agnelli scelse di precipitare da un pilone dell’autostrada Torino-Savona in una fredda mattina di metà novembre. All’orizzonte dell’esistenza, solo infrangendosi sul letto del fiume Stura, Edoardo Agnelli entrò in contatto con la vita, attraverso l’unico sintomo certo che ne è la morte.

La testimonianza sullo zio e sul cugino Edoardo di Lupo Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli, è asciutta e agghiacciante:

“Eravamo a pranzo, a un certo punto Edoardo ha detto qualcosa, e Gianni gli rispose male, sprezzante. E io pensai che non riuscivo a credere che dopo tanti anni quel rapporto fosse così logorato dalla mancanza di rispetto del padre verso il figlio”.

Tre giorni dopo, il 15 novembre 2000, Edoardo Agnelli si suicidò lanciandosi nel vuoto da un viadotto alto 80 metri sull’ autostrada Torino-Savona.

Giulio Marconi, per una vita cuoco dell’ avvocato, sembra il più umano:

“Allora io gli ho fatto, Avvoca’, dico, un po’ di colpa ce l’ ha pure lei. Edoardo per me era un ragazzo bravissimo, il padre ha avuto poca fiducia in lui, e lui vedendosi così ha fatto quello che ha fatto”.

Tiberto Rodrigo Brandolini d’ Adda, detto Ruy, figlio di Cristiana Agnelli e cugino di Edoardo, sembra emozionato:

“Gianni era totalmente devastato. Mi disse: ‘Dio, devi avere un sacco di coraggio per buttarti giù da quel ponte’. Sì, Edoardo lo fece per mostrare al padre che aveva coraggio”.

Nicola Caracciolo di Castagneto, fratello di Carlo e Marella, cognato dell’ Avvocato, si commuove: “Dopo il funerale di Edoardo, nella casa di Villar Perosa, Gianni mi disse:

‘Non dovremmo mai dimenticare che questa è stata una casa felice, ma questa adesso non è una casa felice’”.

La sorella Cristiana:

“Vidi Gianni un mese dopo la morte di Edoardo. Era molto, molto triste. Non lo riconobbi”.

Dopo il suicidio del figlio che non aveva saputo amare, l’ Avvocato sprofonda in una invincibile depressione e nella malattia che lo ucciderà due anni dopo, il 24 gennaio 2003.

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