IL COGNOME DELLA MADRE 25 Febbraio 2021 – Posted in: Parole

Cognome: parte del nome di una persona che indica a quale famiglia appartiene

Il cognome è il nome che indica a quale famiglia appartiene una persona e, assieme al prenome (o “nome proprio di persona”), forma l’antroponimo.

In italiano è uso corretto scrivere il cognome sempre dopo il nome proprio di persona, con la sola eccezione dei casi in cui sia indispensabile o logica l’anteposizione per evidenti motivi di praticità nella ricerca, come negli elenchi alfabetici, dove tuttavia il cognome dovrebbe essere separato dal nome da una virgola (esempio: Rossi, Mario). È diffusa, a livello popolare anche l’errata usanza opposta, deprecata dalla grammatica, dove il cognome anticipa il nome.

Storia

Il più antico uso di nomi di famiglia o cognomi non è chiaro. Le più antiche testimonianze sono rintracciabili nella Cina antica dove, secondo la leggenda, l’uso dei cognomi è cominciato con l’Imperatore Fu Hsi nel 2852 a.C.[senza fonte] La sua amministrazione standardizzò il sistema di nomi al fine di facilitare il censimento, e l’uso delle informazioni del censimento. Dalla documentazione scientifica risulta che i cognomi matrilineari esistevano in Cina prima della dinastia Shang (1600-1046 a.C.) e che “dal tempo della dinastia Shang (i cognomi cinesi) erano divenuti patrilineari”.[senza fonte]

In Giappone e in Tibet l’uso dei cognomi fino al XIX secolo non era frequente, tranne che tra l’aristocrazia.[senza fonte]

Nell’antica Grecia, durante alcuni periodi, l’identificazione formale, normalmente includeva il luogo d’origine. In altri periodi anche i nomi dei clan e i patronimici (“figlio di”) erano comuni. Ad esempio, Alessandro Magno era conosciuto come Eraclide (come discendente presunto di Eracle) e dal nome dinastico Karanos/Caranus, che si riferiva al fondatore della dinastia alla quale apparteneva. In nessuno di questi casi, però, erano questi nomi considerati parti essenziali del nome della persona, né erano esplicitamente ereditati nel modo che è comune in molte culture oggi.

Se nei tempi arcaici veniva usato un solo nome, nella Roma antica già negli ultimi secoli della Repubblica romana le persone libere adottavano tre nomi (tria nomina):

praenomen (che distingueva l’individuo ed era paragonabile al nome proprio di persona contemporaneo),

nomen (che denotava la gens di appartenenza, paragonabile all’odierno cognome)

cognomen (che era un soprannome dato all’individuo o ai membri del ramo di una famiglia).

Verso il V secolo la distinzione fra nomen e cognomen si fece sempre più sfumata e divenne comune l’uso di un nome unico (detto supernomen o signum), con le caratteristiche di non essere ereditato e di avere un significato immediatamente comprensibile (ad esempio il nome imperiale Augustus che significa “consacrato dagli auguri” o “favorito da buoni auspici”).

Dopo la caduta dell’Impero romano, ogni persona veniva identificata dal solo nome personale, di cui venivano usati vezzeggiativi in ambito familiare.

Tali nomi si riferivano, anche, alle caratteristiche della persona, alla provenienza o alla paternità.

L’avvento della religione cristiana e le ripetute invasioni barbariche facilitarono la diffusione di nuovi nomi che si aggiunsero a quelli già in uso.

A seguito della grande crescita demografica avvenuta in Europa tra il X secolo e l’XI secolo, divenne sempre più complicato distinguere un individuo da un altro usando il solo nome personale.

Tra le principali difficoltà nell’individuare correttamente una persona e registrarla, dev’essere considerata la condizione, tipica dell’epoca medievale, di chi fuggiva dallo status di servo rurale per vivere in città: ci si registrava nelle corporazioni municipali fornendo il nome e la provenienza (Montanaro, Dal Bosco, ecc.) oppure un nomignolo originato da un pregio o difetto fisico (Gobbo, Rosso, Mancino, ecc.), oppure un mestiere (Sella, Ferraro, Marangon, ecc.) oppure l’indicazione del padre e della madre (es. Petrus Leonis equivaleva a Pietro figlio di Leone, che in seguito divenne Pierleone o Pier di Leone) e, dopo un anno solare, il feudatario perdeva il diritto di riportare il fuggitivo nel feudo di provenienza.[senza fonte]

Si rese così nuovamente necessario identificare tutti gli individui appartenenti alla medesima discendenza con un altro nome.

Si diffuse in tal modo in Europa, proprio verso il XII secolo, il cognome moderno, che poteva essere originato da una caratteristica delle persone, come, ad esempio, la loro occupazione, il luogo d’origine, lo stato sociale o semplicemente il nome dei genitori: “Rossi” (il cognome più diffuso in Italia) potrebbe far riferimento al colorito della carnagione o dei capelli di qualche antenato; “Fiorentini”, probabilmente, la provenienza originaria di Firenze, “Di Francesco” potrebbe indicare “figlio di Francesco”.

Esistono cognomi composti da più parole; il cognome Coladonato, ad esempio, deriva da Cola (abbreviazione di Nicola) e Donato, quindi potrebbe essere composto in origine dai due patronimici del padre e del nonno (=figlio di Cola, a sua volta figlio di Donato). In Italia, l’uso dei cognomi è, inizialmente, una prerogativa delle famiglie feudali. Tuttavia, tra il XIII secolo e il XIV secolo, l’uso si estende agli strati sociali più modesti.[senza fonte]

Il Concilio di Trento del 1564 sancisce l’obbligo per i parroci di gestire un registro dei battesimi con nome e cognome, al fine di evitare matrimoni tra consanguinei.

I cognomi nel mondo

I cognomi non sono universalmente in uso.

In particolare, i tibetani e gli abitanti dell’isola di Giava spesso non ne utilizzano — persone note che non hanno un cognome comprendono Suharto e Sukarno. Inoltre, molte famiglie reali non utilizzano cognomi.

Ugualmente in parte dell’Africa (Eritrea ed Etiopia) i cognomi non esistono. Seguendo le peculiari regole dell’onomastica abissina il nome di ogni persona è costituito da quello proprio seguito da quello del padre (sostituito, in alcuni casi, da quello della madre).

Nei cognomi arabi la persona veniva identificata dal solo nome personale, di cui venivano usati vezzeggiativi in ambito familiare con aggiunte di nomi che si riferivano anche alle caratteristiche della persona o alla provenienza.

L’Islanda è l’unico paese dell’Europa occidentale dove in luogo del cognome è in uso il patronimico. Vale a dire, ogni persona assume come cognome il nome del padre seguito dal suffisso -son se maschio, -dottir se femmina.

Quindi, solo i fratelli maschi o sorelle femmine avranno cognome uguale fra loro, mentre nella stessa linea di fratelli e sorelle ci saranno due cognomi.

Gli elenchi alfabetici sono compilati in ordine del nome di battesimo.

Anche in Russia viene utilizzato, prima del cognome, il patronimico, una sorta di secondo nome che il figlio, o la figlia, eredita dal padre.

Per fare un esempio con un nome noto, Sergej Vasil’evič Rachmaninov è composto dal nome proprio, dal patronimico ereditato dal padre Vasilij e infine dal cognome. Il patronimico, come tutte le parole russe, è naturalmente declinato in genere e caso.

La maggior parte dei cognomi irlandesi, si sono formati con la particella gaelica irlandese Ó, che indica la discendenza da un comune avo capo di un clan in Irlanda.

Ó gaelico irlandese in gran parte anglicizzato in O’ e in seguito in una buona parte dismesso. Un esempio di cognomi dell’Irlanda nati dagli antichi clan irlandesi sono: Ó Brian, O’Brien, Brian, Brien; Ó Crotaigh, O’Crotty, Crotty, Crotti; Ó Callachain, O’Callaghan, Callachan, Callaghan; Ó Conchúir, O’Connor, Connor, Connors, ecc.

In generale, nel mondo è comune per le donne cambiare il proprio cognome con quello del marito dopo il matrimonio e trasmettere ai figli il cognome del padre.

In Spagna e nei paesi ispano-americani i figli assumono sia il primo cognome del padre sia il primo della madre, eccetto che in Argentina, dove i figli assumono solo il cognome paterno.

In altri paesi, come negli Stati Uniti d’America, una coppia può decidere di chiamare il figlio con il cognome della madre, o comunque di aggiungerlo e anteporlo al cognome paterno: ad esempio, una coppia in cui il cognome di lui è Williams e quello di lei Hayes, una figlia può essere chiamata Julia Hayes Williams, dove Julia Hayes è il nome e Williams il cognome.

Alcune nazioni non permettono che la moglie mantenga un cognome diverso da quello del marito. Altre nazioni permettono di mantenere il cognome da nubile, ma il cambio è in qualche modo suggerito o incentivato.

Altre nazioni ancora permettono l’opposto, cioè che l’uomo prenda il cognome della moglie, per esempio in Giappone e Germania, dove entrambi i coniugi possono cambiare cognome.

Alcune persone scelgono di mantenere ambedue i cognomi, spesso uniti con un trattino.

In Ungheria le donne sposate hanno diverse possibilità di scelta, una di queste addirittura permette di sostituire il proprio nome e cognome con il cognome e il nome del marito seguiti dal suffisso -né; ad esempio, la moglie di un uomo di nome János Szabó (o Szabó János, nell’ordine ungherese che pone prima il cognome) è chiamata Szabó Jánosné.

In Lituania esistono regole simili sia per i figli sia per la moglie: un uomo il cui cognome è Danilevičius passerà ai figli maschi il cognome Danilevičius e alle figlie il cognome Danilevičiutė; la moglie invece dopo il matrimonio assumerà il cognome Danilevičienė.

In genere nei paesi slavi la moglie assume il cognome del marito.

Siccome i cognomi si dividono tra cognomi invariabili per genere e cognomi che sono declinati come aggettivi, segue che, sebbene la moglie assuma il cognome del marito, il cognome può essere leggermente diverso.

Un esempio di questi cognomi è Kowalski (al maschile, padre e figli) che diventa Kowalska (al femminile, per moglie e figlie). In polacco è possibile assegnare diverse terminazioni per distinguere, con il solo cognome, se ci si riferisce alla moglie o alla figlia di chi porta un cognome, ma questo uso si sta perdendo.

Mediante il suffisso -ówna aggiunto al cognome paterno ci si riferisce a una figlia, mentre col suffisso -owa si indica la moglie: Nowakowna (declinazione nominale) è la figlia del signor Nowak, Nowakowa (declinazione aggettivale) ne è la moglie.

In realtà anche in Polonia si sta andando verso una sola forma di cognome che non varia, almeno per genere.

Un esempio di cognome che è invariabile per genere anche tradizionalmente è Wajda (del regista polacco Andrzej Wajda). Tuttavia, in Polonia è comune ma non obbligatorio, il cambio del cognome della moglie.

Anzi, al momento del matrimonio sono i coniugi a decidere tutti i cognomi: del marito, della moglie e dei futuri figli, scegliendo tra i propri cognomi, senza troppe difficoltà burocratiche.

Tutti potranno avere il cognome del marito, entrambi i cognomi nell’ordine preferito o decidere in modo diverso. In realtà il cambio di cognome per il marito è rarissimo.

(Fonte Wikipedia)

? Corriere della sera