GAETANO SCIREA – IL LEADER SILENZIOSO 25 Maggio 2022 – Posted in: Biografie – Tags: , , , , , , , , ,

GAETANO SCIREA

Era il 3 settembre 1989, quando in un tragico incidente d’auto muore Gaetano Scirea, il “leader con il saio”. Stava continuando a dare tutto sè stesso per la Juventus.  Oggi avrebbe compito 69 anni!

Lui non avrebbe voluto essere lì. Sia Dino Zoff, in quel momento allenatore della Juventus, che il suo secondo Gaetano Scirea pensano che non sia necessario tornare in Polonia per la seconda volta. Alla fine, il Gornik Zabrze che avrebbero dovuto affrontare in Coppa UEFA era una squadra modesta. Certo, stava dominando il proprio campionato, ma il polacco Zbigniew Boniek dirà: “Bastava chiedessero a me, la differenza tecnica tra le due squadre era davvero grande“.

Però Giampiero Boniperti, presidente della Juventus, è irremovibile: bisogna che Scirea vada a vederli giocare in trasferta, per carpirne i segreti. E Gaetano ci va, sempre ligio al dovere, sempre pronto a fare gli interessi della Juventus. Non sa che quello sarà il suo ultimo viaggio.

Gaetano Scirea: la storia

Scirea nasce a Cernusco sul Naviglio il 25 maggio 1953, da due operai della Pirelli. Cresce nel mito dell’Inter di Helenio Herrera, la squadra per cui faceva il tifo anche il padre Stefano, e giocando sotto casa con il pallone. Gaetano, soprannominato Gai,si dimostra fin da subito stregato dal gioco del calcio e si allena tutti i giorni per migliorare il suo controllo palla. Un giorno lo nota Giovanni Crimella, poco più grande di lui, che allena una squadra di calcio a sette di Cinisello Balsamo, la Serenissima, dove gioca anche il fratello di Gaetano, Paolo Scirea. Dopo circa quattro anni, Crimella è sempre più convinto che Gaetano abbia qualcosa in più degli altri, anche se all’epoca gioca come punta. Lo porta prima ad un provino con l’Inter, dove non fa una buona impressione per il fisico gracile e soprattutto perché è la sua prima esperienza in assoluto in un campo a 11, ma la svolta arriva al secondo provino, con l’Atalanta. Anche lì storcono un po’ il naso a causa del fisico ancora acerbo di Scirea, ma si fanno convincere dalle sue qualità e nel 1967 il giovane Gaetano entra nelle giovanili della Dea.

Schierato inizialmente come ala destra, nonostante la prolificità viene arretrato prima a centrocampo, per sfruttare al meglio la sua grande visione di gioco, e poi ancora più indietro, nel ruolo di libero. Ed è proprio nel ruolo che lo contraddistinguerà per tutta la carriera che il 24 settembre 1972 Scirea esordisce in Serie A, sostituendo l’infortunato Savoia nella partita in trasferta contro il Cagliari di Gigi Riva. Gaetano impressiona subito per la sicurezza con cui riveste il ruolo che ha cominciato a ricoprire da poco e pare che lo stesso Rombo di Tuono sia rimasto colpito dalle doti del ragazzino – lombardo come lui – che lo aveva annullato in quello 0 a 0. Progressivamente conquista i galloni da titolare, ma la stagione dell’Atalanta è sfortunata e retrocede in B a causa della differenza reti sfavorevole.

Nell’anno in cadetteria Scirea si mette in mostra: il 27 marzo 1974 trova il primo gol in Coppa Italia, proprio contro la “sua” Inter, e a maggio invece va a segno nella sconfitta contro il Brindisi. Quel che è più importante, però, è che disputa tutte le partite del campionato, sfornando prestazioni che nella maggior parte dei casi vengono premiate con pagelle da 8 da parte dei giornali sportivi: non proprio una consuetudine, per un giocatore di Serie B. Le sue prestazioni attirano l’attenzione della Juventus che, nel giugno del 1974, lo porta a Torino per 700 milioni di lire più la comproprietà di Musiello e i cartellini di Mastropasqua e Marchetti. Dall’arrivo in bianconero, nella sua vita non ci saranno altri colori. Oltre, ovviamente, all’azzurro della Nazionale, dove esordirà un anno più tardi, nel 1975.

La formazione piemontese era alla ricerca di un sostituto all’altezza del libero Sandro Salvadore, prossimo al ritiro, e il giovane Scirea sembra il più adatto: inserito in una difesa di sicuro affidamento composta da Antonello Cuccureddu, Claudio Gentile, Luciano Spinosi e Francesco Morini, il ventunenne si ambienta subito e gioca 28 delle 30 partite della stagione 1974/75, divenendo stabilmente titolare e vincendo il suo primo campionato, che per i bianconeri è il sedicesimo. Trova il primo gol in bianconero sempre contro l’Inter, nella sfida di Coppa Italia vinta 6 a 2 del 19 giugno 1975.

Dopo una stagione avara di soddisfazioni, è tra i protagonisti dell’annata che porta nella bacheca della Juventus sia lo scudetto 1976/77 che la Coppa UEFA. Il campionato viene conquistato con 51 punti, all’epoca un record per un torneo a 16 squadre con 2 punti a vittoria, dopo un serrato testa a testa durato per tutto il torneo contro i rivali cittadini del Torino, che avevano trionfato l’anno prima e che terminano il campionato a un solo punto di distanza dalla Juventus. La Coppa UEFA, invece, arriva dopo la durissima doppia finale contro gli spagnoli dell’Athletic Bilbao ed è la prima competizione internazionale vinta dalla Juventus. Gaetano quell’anno trova sia il primo gol in Coppa UEFA, contro il Manchester City (molto lontano dai fasti moderni), poi il primo in Serie A contro il Catanzaro.

Scirea interpreta il ruolo di libero in maniera rivoluzionaria per l’epoca, probabilmente a causa dei suoi trascorsi giovanili. Una volta recuperato il pallone, infatti, il suo spiccato senso tattico lo porta a ribaltare il gioco ogniqualvolta ne intravede la possibilità, assumendosi in prima persona il compito di impostare l’azione. Elegante, moderno, con movenze alla Beckenbauer: grazie all’attenta direzione della difesa e all’appoggio a centrocampisti e attaccanti, Mario Sconcerti lo ha definito come “un trequartista nella sua area di rigore“, che dopo aver negato il gol agli avversari va alla ricerca di quello per la sua squadra. A fine carriera saranno 34 le reti con la maglia della Juventus in tutte le competizioni, tra i quali spiccano le cinque in campionato della stagione 1981/82.

È la stagione in cui Scirea fa doppietta nel derby di Torino e contribuisce alla vittoria del ventesimo scudetto della storia bianconera, quello della seconda stella. La Coppa Italia messa in bacheca nel 1982/83 apre alla Juventus le porte della successiva Coppa delle Coppe, in cui i bianconeri trionfano contro il Porto per 2-1 nella finale di Basilea del 16 maggio 1984. Quella diventa la seconda accoppiata per il club italiano e per Scirea, che vince anche il campionato 1983/84, il sesto per lui e il ventunesimo per la società. Sul piano personale, con il declino di Beppe Furino, dall’estate del 1983 Scirea diventa il capitano dei bianconeri.

Il 1985 è invece l’anno della Coppa dei Campioni, che i bianconeri conquistano nella tragica finale di Bruxelles all’Heyselcontro gli inglesi del Liverpool, già battuti nel gennaio precedente nella Supercoppa UEFA. È un duro colpo per Gaetano, che confida alla moglie che il suo sogno sarebbe quello di vincere un’altra Coppa dei Campioni per dedicarla ai 39 morti dell’Heysel. Anche perchè lui, come tutti i suoi compagni, non sentirà mai di aver vinto veramente quella Coppa, arrivata con un rigore inesistente in un clima irreale. A fine anno la Juventus vince a Tokyo contro i campioni sudamericani dell’Argentinos Juniors, con Scirea che solleva anche la Coppa Intercontinentale.

Nella stagione 1987/88, all’età di 35 anni e dopo aver messo insieme soltanto sei presenze in campionato (condite comunque dal gol alla Sampdoria), Gaetano Scirea lascia il calcio giocato. Nelle sue 554 presenze con la maglia della Juventus in tutte le competizioni, non è mai stato espulso, ma ha sempre messo in campo correttezza e signorilità, che fanno di lui uno dei più grandi liberi della storia italiana.

Dopo il ritiro, consegue il brevetto di allenatore nell’estate del 1988 e, su esplicita richiesta di Dino Zoff, viene nominato dall’allora presidente Giampiero Boniperti, allenatore in seconda della Juventus. Giovanni Trapattoni, con cui ha sempre avuto un forte legame di amicizia e che l’ha definito “leader in saio”, appena saputo del patentino di allenatore, fa dono al suo ex giocatore dei propri appunti di lavoro. Tuttavia Scirea svolge l’incarico di responsabile tecnico in seconda solo per un anno, fino al tragico incidente automobilistico in Polonia del 3 settembre 1989.

Mentre Gaetano sta raggiungendo Varsavia dopo aver osservato il Gornik, per prendere l’aereo che l’avrebbe riportato a Torino, l’autista locale della Fiat 125 su cui viaggia è inquieto. Hanno fatto benzina poco prima, riempendo anche quattro taniche di benzina che sono nel bagagliaio in caso di necessità, ma da quel momento il traffico scorre lento, spesso a corsie alternate. A un certo punto l’autista tenta un sorpasso azzardato nei pressi di Babsk e, nel farlo, urta un pulmino che sopraggiunge in senso opposto. L’incidente sarebbe cosa da niente, se non fosse per la Fiat 126 che tampona la vettura su cui viaggia Scirea. Le taniche di scorta prendono fuoco e Gaetano muore nel rogo che ne consegue. L’incidente, avvenuto la domenica pomeriggio, viene comunicato in Italia la sera stessa dalla voce di Sandro Ciotti, alla Domenica Sportiva. Lo sgomento, in tutta Italia e tra gli ospiti in studio – tra cui vi è l’ex compagno di Scirea, Marco Tardelli – è grande. Così grande che, soltanto una settimana dopo dalla scomparsa del figlio, morirà anche Stefano Scirea, afflitto da una grave cardiopatia.

La Juventus poi vincerà quella Coppa UEFA per cui Gaetano era arrivato fino in Polonia, dedicando il trofeo alla memoria del capitano bianconero, che riposa nel cimitero di Morsasco, il comune d’origine della moglie Mariella.

Gaetano Scirea: il palmarès

Scirea con la maglia della Juventus è diventato il primo calciatore in assoluto, insieme al compagno Antonio Cabrini, a vincere tutte le competizioni calcistiche ufficiali per club, contribuendo allo stesso tempo a rendere quella dei bianconeri la prima squadra a poter esibire in bacheca tutti i trofei UEFA.

7 campionati italiani

2 Coppe Italia

1 Coppa dei Campioni

1 Coppa delle Coppe

1 Coppa UEFA

1 Supercoppa UEFA

1 Coppa Intercontinentale

Con la Nazionale, poi, ha conquistato la Coppa del Mondo del 1982.

Gaetano Scirea: la carriera in Nazionale

Scirea esordisce in con la Nazionale il 30 dicembre 1975, all’età di 22 anni, nella partita amichevole contro la Grecia, vinta per 3 a 2, durante la gestione di Enzo Bearzot e Fulvio Bernardini. Il suo primo gol in azzurro arriva il 19 aprile 1980 in un’altra amichevole, pareggiata per 2 a 2 contro la Polonia. Sotto la guida tecnica del solo Bearzot, prende parte prima al Mondiale ’78 in Argentina – dove l’Italia si classifica quarta – e poi all’Europeo 1980organizzato in Italia, con gli Azzurri che arrivano ancora quarti.

Il grande successo è quello del Mondiale spagnolo del 1982, vinto in finale contro la Germania Ovest per 3 a 1, con il gol di Tardelli propiziato proprio da un assist di Scirea. Infine, da capitano della squadra, partecipa al campionato del mondo 1986 in Messico, che a 33 anni segna anche la fine della sua carriera azzurra, in coincidenza con l’eliminazione agli ottavi di finale contro la Francia per 2 a 0 il 17 giugno 1986. Lascia così la maglia numero 6, che sarà ricoperta poi con alterne vicende dallo storico capitano milanista Franco Baresi. In Nazionale Scirea totalizza complessivamente 78 presenze – 10 delle quali da capitano – e due gol.

Gaetano Scirea: alcune curiosità

A lungo primatista di presenze con la maglia della Juventus in competizioni ufficiali, Scirea (552) si trova al terzo posto, dietro Alessandro del Piero (705) e Gianluigi Buffon, con 667 presenze.

Gaetano Scirea è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano nel 2011, mentre nello stesso anno la Juventus gli ha dedicato una delle cinquanta stelle commemorative presenti nella Walk of Fame dello Juventus Stadium. Il 21 novembre 2012, su richiesta della stessa società juventina, il capoluogo piemontese ha inoltre ribattezzato Corso Gaetano Scirea (ex Corso Grande Torino) il viale che scorre di fronte all’ingresso principale dello Stadium. Nel 2017 è stato insignito del Collare d’oro al Merito Sportivo. Non ha mai ricevuto un cartellino rosso.

Nonostante i suoi grandi successi, l’orgoglio di Gaetano Scirea, capitano silenzioso e carismatico, non è però legato ad un trofeo conquistato in campo. Nell’estate del 1987, infatti, all’età di 34 anni, consegue il diploma all’istituto magistrale Regina Margherita di Torino sostenendo, in una lettera inviata quell’anno dal ritiro di Villar Perosa alla moglie Mariella, di aver realizzato un sogno nel cassetto, rendendo felice anche papà Stefano.

CITAZIONI di Gaetano Scirea

“Ho “rubato” qualcosa a ciascuno dei tecnici che ho avuto. Da Parola la capacità di responsabilizzare i giovani, da Trapattoni la capacità di tenere unito lo spogliatoio, da Marchesi la serenità. E da Bearzot quella straordinaria umanità che è la base di ogni successo.”

“La Juve è qualcosa di più di una squadra, non so di­re cosa, ma sono orgoglioso di farne parte.”

“Rimproverando i giocatori in seguito a un fallo, in un Fiorentina-Juventus” : “Le vostre mogli vi guardano!”

Citazioni su Gaetano Scirea

A Scirea, studente a Coverciano, un collega aveva chiesto qualche mese fa un’occhiata sul futuro. Mi basta continuare a essere quello che sono e chiedo solo un po’ di salute. Tutto questo non ha più senso, solo il dolore ha un senso. Tutti noi, che abbiamo frequentato Scirea per lavoro, l’abbiamo amato e rispettato, il contrario era impensabile. Domani ci sarà, sui campi, un minuto di silenzio per ricordarlo. Un minuto è poco, ma vorrei che fosse davvero di silenzio. Senza applausi, senza cori: a lui non sarebbe piaciuto, Gaetano non era di quelli che battono le mani ai morti. Avrebbe abbassato la testa, come si usa nei paesi, ancora, e avrebbe pianto. E solo questo per lui possiamo fare, ed è poco, nulla per la sua vita così bella e chiara, per la sua morte così brutta e assurda. (Gianni Mura)

A volte mi chiedo come mi vedono i ragazzi, i bambini. E penso che vorrei mi vedessero come io vedevo lui. Parlo dell’uomo, non solo dello straordinario giocatore. Perché questo, per me, vuol dire entrare nel cuore della gente, lasciare qualcosa che vada oltre i numeri. […] Il mio nome è vicino a quello di Scirea, bellissimo. (Alessandro Del Piero)

Arrivò a Torino che era ancora giovanissimo, mentre io ero lì già da anni. Si può dire che l’ho visto crescere: ragazzo, fidanzato, marito, padre modello. Era timido e buono, forse persino troppo. Spesso gli dicevo di reagire, di essere un po’ più cattivo con gli avversari: quella sua serenità mi faceva incavolare. E lui sa che cosa mi rispondeva sempre? “Non ci riesco”. Lo diceva con il sorriso sulle labbra, ed era disarmante. Non l’ho visto una sola volta arrabbiarsi, diceva che non ne valeva la pena, e a posteriori devo ammettere che aveva ragione lui. Abbiamo passato insieme i migliori anni della nostra vita, vinto tanto, condiviso gioie bellissime. Quando sono andato via dalla Juve siamo comunque rimasti molto legati. Era impossibile non volergli bene, era impossibile parlare male di lui. Gli volevo molto bene. (Franco Causio)

Con Gaetano ho condiviso soltanto gioie: insieme abbiamo vinto tutto quello che c’era da vincere. Negli annali del calcio siamo solo in cinque ad aver conquistato tutti i tornei internazionali: Blind dell’Ajax, Brio, Cabrini, Gaetano ed io. È un motivo di orgoglio aver scritto insieme quelle pagine ed essere stato suo amico. A Torino vivevamo a due passi l’uno dall’altro, spesso andavamo ad allenarci insieme. Una volta mi sono dimenticato di passare a prenderlo e l’ho fatto arrivare in ritardo per la prima e ultima volta in vita sua. Quando è arrivato al Combi mi si è avvicinato e mi ha detto sornione: “bravo, bravo”, ma si vedeva che mi aveva già perdonato. Il venerdì sera, con lui e Zoff, avevamo il rito scaramantico di andare a cena sempre nello stesso ristorante, ma in realtà era una scusa per passare del tempo insieme. Gli sarò sempre grato perché è stato uno di quelli che mi hanno aiutato di più nel periodo nero in cui ero finito in panchina. Mi diceva di insistere, e alla fine mi sono ripreso il posto. Come al solito aveva ragione lui. (Stefano Tacconi)

È inutile spendere parole su un uomo che si è illustrato da solo per tanti anni su tutti i campi del mondo, che ha conquistato un titolo mondiale con pieno merito e che era un campione non soltanto di sport ma soprattutto di civiltà. (Sandro Ciotti)

Era uno dei giocatori più forti del mondo, ma era troppo umile per dirlo o anche solo per pensarlo. Il suo essere silenzioso e riservato forse gli toglieva qualcosa in termini di visibilità, ma certamente gli faceva guadagnare la stima, il rispetto e l’amicizia di tutti, juventini e non. Questo non significa che fosse un debole o che non avesse niente da dire: al contrario, era dotato di una grande forza interiore e sapeva parlare anche con i suoi silenzi. Io e lui avevamo caratteri completamente opposti, ma stavamo bene insieme. Una volta venne a trovarmi al mare e giocammo insieme a nascondino. Una cosa strana per dei professionisti di serie A, invece faceva parte del nostro modo di stare insieme e di divertirci in maniera semplice. Nel calcio d’oggi credo che si sarebbe trovato un po’ spaesato, ma solo a livello personale. Calcisticamente era uno molto competente e avrebbe saputo rendersi anche autorevole. Diciamo che personaggi con il suo carattere, al giorno d’oggi, nel mondo del calcio non ce ne sono più. (Marco Tardelli)

Ero rimasto allo stadio più degli altri per le interviste e tornai in albergo non con le guardie del corpo, come succede oggi, ma sul furgoncino del magazziniere. Gaetano mi aspettava. Mangiammo un boccone, bevemmo un bicchiere, ci sembrava sciocco festeggiare in modo clamoroso: mica si poteva andare a ballare, sarebbe stato come sporcare il momento. Tornammo in camera e ci sdraiammo sul letto, sfiniti da troppa felicità. Però la degustammo fino all’ ultima goccia, niente come lo sport sa dare gioie pazzesche che durano un attimo, e bisogna farlo durare nel cuore. Eravamo estasiati da quella gioia, inebetiti. […] Gaetano torna sempre. Lo penso a ogni esagerazione di qualcuno, a ogni urlo senza senso. L’ esasperazione dei toni mi fa sentire ancora più profondamente il vuoto della perdita. Gaetano mi manca nel caos delle parole inutili, dei valori assurdi, delle menate, in questo frastuono di cose vecchie col vestito nuovo, come canta Guccini. Mi manca tanto il suo silenzio. (Dino Zoff)

Feci da cronista i mondiali dell’82, ti chiedevi se fosse vero. Una persona incredibilmente squisita, era sempre un signore sia dentro il campo dove doveva anche intervenire duramente che fuori. (Mario Sconcerti)

Gaetano? Un uomo straordinario e un calciatore straordinario. Un esempio di stile e classe sia in campo che fuori. Con lui abbiamo condiviso tanti momenti, in ritiro stavamo sempre nella stessa stanza. Ricordo che durante i Mondiali di Spagna Tardelli non riusciva a prendere sonno la notte prima delle partite. Per rilassarsi veniva in camera nostra; la chiamava la “Svizzera” perché era il posto più tranquillo del ritiro. Nel nostro modo di stare insieme, del resto, non avevamo bisogno di troppe parole, quasi sempre bastava uno sguardo. Sarebbe stato un ottimo allenatore, se ne avesse avuto l’opportunità: sapeva convincere, gli piaceva insegnare. Il calcio di oggi gli sarebbe piaciuto, anche se non era il tipo da rincorrere miraggi di protagonismo. Non sarebbe mai diventato un “personaggio” da copertina, ma avrebbe saputo farsi ascoltare da tutti. Il suo erede? Fino a ieri Paolo Maldini, oggi non saprei. (Dino Zoff)

Gaetano era soprattutto un uomo speciale: umile, per bene, buono. È il ragazzo a cui ogni padre sarebbe felice di dare in sposa la propria figlia. […] Avevamo un sincronismo perfetto, bastavo uno sguardo per capirci. (Sergio Brio)

Il mio fuoriclasse era Scirea. Parlava poco, eppure aveva carisma. Era un piacere stare con lui e in qualsiasi occasione, non soltanto sul campo, ti faceva fare bella figura. Il giorno in cui ho preso Scirea, per la prima e unica volta, Achille Bortolotti mi ha detto: «Gaetano te lo porto io a Torino. Perché questo ragazzo è diverso da tutti gli altri». Quando Gai ha smesso di giocare io volevo che diventasse un punto fermo della Juventus. Prima come osservatore, poi come allenatore, ma lo vedevo benissimo anche come uomo di pubbliche relazioni. Aveva qualità fuori dal comune e la sua splendida carriera ne era la conferma. Li riconosci subito i giocatori che hanno qualcosa in più: li vedi da come si muovono in campo e da come leggono il gioco un secondo prima degli altri; se poi sono dotati di spessore umano e pulizia morale hai davanti agli occhi un fuoriclasse anche nella vita. E Scirea lo era. Io gli volevo bene. (Giampiero Boniperti)

In Italia, il libero di fama internazionale che ha gettato via la scopa con la quale si spazzava l’area, che ha abbandonato le caverne per mettersi a giocare, è stato Gaetano Scirea. Uomo del gioco tranquillo, Scirea ha aperto nuovi orizzonti a un ruolo che era nato per essere essenzialmente difensivo. […] Giocatore silenzioso, sereno e pudico, passò la vita a schivare inutili stridori ma, senza far rumore, portò a casa sette scudetti, una Coppa dei Campioni, una Coppa Intercontinentale, una Coppa delle Coppe, una Coppa UEFA, una Supercoppa e un Mondiale. (Jorge Valdano)

La cosa che mi colpiva di più era la sua eleganza palla al piede. Si vede che aveva origini da centrocampista e non le aveva dimenticate. (Alessio Tacchinardi)
Nessuno è stato grande come Gaetano, perché gli altri, compresi i sommi Beckenbauer e Baresi, erano difensori che avanzavano, lui era difensore in difesa, centrocampista vero a centrocampo, attaccante vero in attacco. (Luigi Garlando)
Purtroppo non ho potuto conoscere Scirea come persona, ma solo come tifoso. L’ho visto sollevare la Coppa del Mondo e anche per questo era un mio mito. In questi anni ho cercato spesso di imitarlo e sono onorato che qualcuno mi paragoni a lui. (Alessandro Del Piero)

Scirea è sempre stato Scirea, in campo e fuori, mai espulso, eppure comandava le barricate, mai un gesto che non fosse normale, quasi noioso. Aveva quel naso a prua che gli indicava la rotta, si sganciava spesso […], non snobbava i taccuini: semplicemente, non era così ruffiano, così «figliodi», da intortarli. La riservatezza, a volte, arma il coraggio. (Roberto Beccantini)

Un cavaliere, un grande avversario. La sua morte mi ha dato molto, molto dolore. (Diego Armando Maradona)

Un leader col saio. (Giovanni Trapattoni)

Una volta in uno scontro con Scirea mi ruppi il naso. Quando mi risvegliai all’ospedale, dopo l’operazione, la prima faccia che vidi, oltre a quella di mia moglie, era di Scirea. Un grande, Gaetano. (Paolo Pulici)

[Nel 2003] Ventisette motivi per cui un interista deve accettare la Juventus. […] 24 Perché Scirea era Scirea. (Beppe Severgnini)

La prima volta che [Gaetano Scirea] stette in ritiro con me, a Lisbona con l’under 23, dissi che un ragazzo così era un angelo piovuto dal cielo. Non mi ero sbagliato. Ma lo hanno rivoluto indietro troppo presto.
Se mai c’è stato uno per cui bisognava ritirare la maglia, era Gaetano Scirea, grandissimo calciatore e grandissima persona.
Un modello da tutti i punti di vista: tecnico, stilistico, comportamentale. (Enzo Bearzot)

 

(Fonte bit.ly/3fKQAVY)