Mannaggia a Bubbà, al Pataturco e alla Pupazza! 8 Settembre 2023 – Posted in: Modi di dire – Tags:

ADDÀ, AGGIA E MANNAGGIA

La lingua napoletana è un mondo ricco di sfumature e particolarità linguistiche. Oggi vogliamo esplorare tre parole chiave: ‘addà,’ ‘aggia,’ e ‘mannaggia,’ che raccontano una parte importante della sua storia e del suo carattere unico.

ADDA’

Cominciamo con ‘addà,’ una forma della terza persona singolare del presente indicativo del verbo ‘dovere.’

Questa parola è ampiamente utilizzata in napoletano e può essere tradotta come ‘deve.’ Ma cosa rende questa forma così speciale?

La sua origine risale al verbo latino ‘habeo,’ e l’uso dell’h iniziale era comune nella lingua medievale. Tuttavia, con l’avvento della stampa, l’h fu gradualmente eliminata per uniformare la grafia alla pronuncia. Quindi, ‘deve’ in napoletano corretto si dovrebbe scrivere ‘ha dda’ o ‘à da.’

Tuttavia, è diffuso l’uso di ‘adda,’ da evitare ‘addà.’

AGGIA

Passando a ‘aggia,’ questa forma verbale è utilizzata come ausiliare e sostituzione del verbo ‘dovere.’

Troviamo espressioni come ‘aggia pacienza’ o ‘aggia fà,’ e viene spesso utilizzata nei tempi composti dei verbi riflessivi. È interessante notare che ‘aggia’ può essere considerata una forma ridotta di ‘malannaggia,’ esclamazione tipica napoletana che significa ‘accidenti.’

Questa parola è nata dalla fusione di ‘mal(e) n(e) aggia,’ dove ‘aggia’ è l’equivalente meridionale di ‘abbia.’

MANNAGGIA

Infine, arriviamo a ‘mannaggia,’ una parola esclamativa diffusa nel linguaggio napoletano.

La sua origine è interessante: deriva dalla fusione di tre parole distinte, ‘mal(e) n(e) aggia.’ Questa esclamazione, che può essere tradotta come ‘accidenti,’ è un elemento caratteristico della lingua napoletana ed è ampiamente utilizzata.

Per onestà intellettuale menzioniamo una terza ipotesi ull’etimologia del termine molto diversa da quelle più frequenti, avanzata dal linguista Massimo Pittau  che respinge classificandole come paretimologie o “etimologie popolari” di scarsa attendibilità.

Rifacendosi al dialetto calabrese e siciliano, dove si ritrova mannaja anziché mannaggia, egli ipotizza che il termine avrebbe a che fare con la grande scure usata dal boia per la decapitazione dei condannati a morte: la manuaria, o «scure alla mano». Quindi quando si dice “mannaja a te” ci si augura che l’interlocutore sia condannato alla decapitazione.

Analizzando il termine manuaria si può poi ragionevolmente supporre che il significato specifico fosse quello di “scure che taglia la mano”: una condanna questa tipica della legge del taglione com’era ad esempio nella legge VIII delle XII Tavole degli antichi romani. Del resto l’aggettivo sostantivato latino dextrale, che in origine indicava la “scure per tagliare la mano destra” assumerà in seguito il significato derivato di “scure, ascia”.

Inoltre, vogliamo menzionare l’espressione colorita ‘Mannaggia a Bubbà.’

Questa frase è un esempio di come, nelle imprecazioni napoletane, si evita spesso la bestemmia. ‘Bubbà’ rappresenta un personaggio mitico che si muoveva nei vicoli di Napoli secoli fa, noto per le sue truffe e le azioni poco etiche.

Questo termine viene utilizzato come una sorta di “capro espiatorio” per evitare parole offensive.

Anche “Mannaggia il Pataturco” è interessante menzionare. Significherebbe Maledizione al padre dei turchi. Perciò si chiamerebbe in causa Mustafa Kemal Atatürk. Egli fu il fondatore e il primo Presidente della Turchia. È ritenuto l’eroe nazionale turco e viene definito ancora oggi come padre della Turchia moderna.

Infine come non menzionare “Mannaggia alla pupazza” espressione romana riferita a un dolce prodotto a Frascati rappresentante una donna procace, una balia con tre seni, due per il latte e uno per il vino per acquietare i neonati.

In conclusione, la lingua napoletana è un tesoro di espressioni uniche e storie interessanti.

Queste tre parole, ‘addà,’ ‘aggia,’ e ‘mannaggia,’ riflettono la ricchezza e la diversità della lingua e della cultura napoletane.

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