Matteo Messina Denaro – “U Siccu” 18 Gennaio 2023 – Posted in: Biografie, Lo Sapevi che – Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Matteo Messina Denaro – La primula rossa ormai appassita

(Castelvetrano, 26 aprile 1962)

“Io sono un nemico della giustizia italiana, che è marcia e corrotta fin dalle fondamenta. Se io fossi nato due secoli fa, con lo stesso vissuto di oggi avrei fatto una rivoluzione a questo Stato italiano e l’avrei anche vinta: oggi il benessere, il progresso, la globalizzazione fanno andare il mondo diverso e i miei metodi risultano arcaici, quindi resto soltanto un illuso idealista.”

Matteo Messina Denaro è stato per anni uno degli uomini più ricercati d’Italia e del mondo. Potente e spietato era uno degli irriducibili boss di Cosa Nostra, un uomo della vecchia guardia soprannominato “Diabolik” e “U Siccu”.

Questo boss è stato uno dei più potenti di Cosa Nostra ed è ricordato come uno degli uomini più spietati del crimine organizzato italiano. Fin da subito il suo destino è stato segnato: il padre era un mafioso anche lui e il suo padrino era un uomo d’onore affiliato alla cosca di Salvatore Giuliano.

Come ha iniziato le sue attività mafiose?

Messina Denaro è nato a Castelvetrano (Trapani), nella valle del Belice, nel 1962. Era «figlio d’arte»: il padre, «don Ciccio» fu capo della mafia trapanese e ha trasformato Cosa Nostra strappandola alla tradizione del feudo per catapultarla nel mondo delle imprese. Era legato da una stretta alleanza ai corleonesi di Totò Riina. Quando aveva vent’anni, Messina Denaro partecipò attivamente, assieme ai corleonesi, alla guerra contro le famiglie ribelli di Marsala e del Belice e divenne il pupillo di Riina.

Nei primi anni Novanta Messina Denaro fu a capo di diversi gruppi di fuoco che dovevano compiere attentati a Giovanni Falcone, al ministro Claudio Martelli, al vicequestore Calogero Germanà e perfino a Maurizio Costanzo; nel 1992 fu tra gi esecutori dell’omicidio di un Vincenzo Milazzo, un capo cosca che si era ribellato a Toto Riina e pochi giorni dopo colpì anche la compagna di Milazzo.

“Mi risulta dai magistrati di Firenze che Messina Denaro sia venuto al Teatro Parioli durante il Maurizio Costanzo Show per vedere se si poteva fare lì l’attentato, sarebbe stata una strage. Hanno deciso di farlo quando uscivo dal Parioli.” (cit. Maurizio Costanzo)

Antonella Bonomo, la compagna di Milazzo, fu strangolata incinta di tre mesi e poi seppellita in campagna, questo a riprova di come Matteo Messina Denaro fosse un uomo senza scrupoli, un vero e proprio bandito che mise in primo piano la lotta allo Stato con gli attentati dinamitardi realizzati da Cosa Nostra nei primi anni Novanta.

Secondo diversi collaboratori di giustizia come Vincenzo Sinacori e Vincenzo Garraffa, nel 1994 il capo di mafioso fece eleggere Antonio D’Alì, primogenito di una famiglia per la quale aveva lavorato come fattore.

Il candidato nelle liste di Forza Italia fu poi rieletto per altre 3 legislature e divenne Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno lavorando per Berlusconi fino al 2006.

I suoi figli

Sebbene sia difficile ricostruire la vita di Matteo Messina Denaro è risaputo che abbia diversi figli:

Lorenza è l’unica che è stata riconosciuta come sua figlia e sebbene lei non abbia mai ripudiato pubblicamente il padre sembra che tra i due non ci sia mai stato nessun rapporto e che la latitanza del boss l’abbia tenuto lontano dalla famiglia. Durante i lunghi anni in cui è stato ricercato il boss ha avuto altri figli tra i quali un maschio chiamato Francesco come il nonno paterno e una ragazza.

“A me dispiace dirlo questo, questo signor Messina Denaro, questo che fa il latitante, che fa questi pali eolici, i pali della luce, se la potrebbe mettere nel culo la luce, ci farebbe più figura se la mettesse nel culo la luce e se lo illuminasse, ma per dire che questo si sente di comandare, si sente di fare luce dovunque, fa luce, fa pali per prendere soldi ma non si interessa.” (cit. Toto Riina)

Il boss è stato infine catturato il 16 gennaio 2023 in una clinica privata di Palermo, quello che sconcerta davvero è che sia sempre rimasto nei suoi luoghi del potere! È davvero interessante chiedersi come sia riuscito a rimanere latitante per oltre 30 anni nonostante fosse in luoghi dove era conosciuto e familiare.

“So di aver vissuto da uomo vero e tanto mi basta. Non sfido la morte, più semplicemente la prendo a calci in testa, perché? non la temo, non tanto per un fattore di coraggio, ma perché? non amo la vita, dopo la quale non c’è nulla”

Alcune curiosità

Che cosa si sa della latitanza del boss?

Molti passaggi sono stati ricostruiti tramite i pizzini sequestrati dagli investigatori. «Con le persone che ho ammazzato io potrei fare un cimitero», scriveva. Mentre dalle lettere d’amore inviate alle sue amanti emerge perfino la passione per i videogiochi nel suo «tempo libero».

Come si faceva chiamare?

Andrea Bonafede, nato a Campobello di Mazara (Trapani) il 23 ottobre del 1963: è questa la carta di identità di Matteo Messina Denaro, alias Andrea Bonafede, il nome falso scelto nella latitanza. Il boss era residente a pochi km dalla sua città natale, Castelvetrano, a Campobello di Mazara in via Marsala 54. Di professione, si legge nella carta di identità, “geometra”. È alto 1,78, calvo e con gli occhi castani. Segni particolari «nessuno». La tessera, cartacea, è stata emessa l’8 febbraio 2016 e scade il 23 ottobre del 2026.

Quanto è grande il tesoro del boss?

Soldi, tantissimi soldi: quantificare il tesoro di Matteo Messina Denaro è difficile anche per gli investigatori. Ma una stima, per difetto, dei guadagni di una vita di traffici di droga, estorsioni, riciclaggio nei settori più disparati si può azzardare sulla base di quel che lo Stato, negli anni, è riuscito a sottrarre al padrino di Castelvetrano e ai suoi prestanome. Si parla di quasi 4 miliardi di euro.

Una parte della fortuna è stata accumulata con investimenti nelle rinnovabili, in particolare l’eolico, settore «curato» per il boss dall’imprenditore trapanese Vito Nicastri, l’ex elettricista di Alcamo e pioniere del green in Sicilia, che per anni avrebbe tenuto le chiavi della cassaforte del capomafia. Poi ci sono l’edilizia e la grande distribuzione.

Curriculum criminale (breve sintesi)

Secondo il racconto dei pentiti, Matteo Messina Denaro aveva già ucciso, forse già quando era ancora minorenne. La contabilità ufficiale dei morti ammazzati coincide con almeno venti condanne all’ergastolo per altrettanti delitti, tra i quali:

  • Delitto del bambino Giuseppe Di Matteo, sequestrato e ammazzato per vendetta e per dare l’esempio, dopo il pentimento del padre Santino, uno dei manovali della strage di Capaci.
  • Delitto di un vice-direttore d’albergo dove lavorava una ragazza austriaca di cui Matteo si era innamorato, e che si lamentava perché quel ragazzotto e i suoi amici frequentavano l’hotel infastidendola.
  • Tentativo di uccisione di un poliziotto. Il primo a indagare e scrivere il nome di Matteo Messina Denaro in un fascicolo di indagine fu Paolo Borsellino nel 1989. Un commissario di polizia, Rino Germanà, iniziò a indagare su di lui. Così Matteo Messina Denaro, insieme a Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano, a bordo di una Fiat Tipo, intercettarono Germanà sul Lungomare di Mazara del Vallo e iniziarono a sparargli addosso. Il poliziotto si buttò in mare e dietro di lui anche Bagarella ma il suo Kalashnikov si inceppò. Il poliziotto si salvò. Dopo l’attentato il suo nome è stato iscritto nella lista dei ricercati il 2 giugno 1993. A quel punto era già diventato il capo di Cosa Nostra nella provincia di Trapani, leader indiscusso delle nuove leve.
  • Tentativo di uccisione di Maurizio Costanzo. La maggior parte dei suoi guadagni arrivavano dalle estorsioni, smaltimento illegale dei rifiuti, riciclaggio di denaro e dal traffico di droga. Tanto denaro arrivava anche dagli appalti, la sua famiglia aveva praticamente il monopolio delle costruzioni nella provincia. Era della famiglia tutto il ciclo produttivo che ha portato all’edificazione di case abusive ovunque, lungo la costa di Castelvetrano e Mazara del Vallo. Ed erano nelle aziende dove si produceva la calcestruzzo che avvenivano anche i summit mafiosi. In uno di questi venne deciso l’attentato a Maurizio Costanzo e fu messa a punto la strategia stragista che Messina Denaro condivise in pieno. Fu lui a segnalare a Riina i monumenti a Roma, Milano e Firenze da colpire per attaccare lo Stato tra il 1992 e il 1993. Iniziarono a studiare i movimenti di Maurizio Costanzo, andarono almeno due volte al Teatro Parioli dove Costanzo registrava la sua trasmissione. L’attentato fu compiuto in via Fauro, a Roma, il 7 maggio 1993.

Le ultime quattro Pirmule rosse”

Restano quattro “primule rosse” ricercate dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro. Ancora liberi Giovanni Mottisi, killer di Riina, il camorrista Renato Cinquegranella, Attilio Cubeddu nella lista di «most wanted»

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