NON ME METTE LA PRESCIA (AL CULO)! 1 Giugno 2024 – Posted in: Modi di dire – Tags: #Roma #StoriaDiRoma #TradizioniRomane #CarnevaleRomano #CuriositàRomane #Prescia #CulturaRomana #AnticheTradizioni #ViaggioInItalia #Letteratura #Goethe #Montagne #AlexandreDumas #DettiRomani
La Prescia: Un Tuffo nelle Tradizioni del Carnevale Romano
Passeggiando per le strade di Roma, quante volte avete sentito espressioni come “Non me mette la prescia al culo” o “La gatta presciolosa fece li figli ciechi”?
Probabilmente vi sarete chiesti da dove deriva la parola “prescia“. Per molti etimologi, essa è una compressione del latino “pressa”, (dal fr. prèsse impazienza), che è da Pressare (intensivo di Prèmere, onde si fece Premura) ovvero fare qualcosa con rapidità e urgenza.
Tuttavia, “prescia” è una parola dialettale con una storia ben precisa, che affonda le sue radici nel Carnevale romano dell’epoca papalina, tra il Settecento e i primi dell’Ottocento.
Il Carnevale romano era uno degli eventi più attesi e vivaci della tradizione romana.
Vi hanno partecipato e ne hanno scritto grandi letterati in viaggio in Italia, come Goethe e Montaigne, ma anche Alexandre Dumas ne “Il conte di Montecristo”. Goethe, nel suo “Viaggio in Italia”, descrive il Carnevale romano come una festa “anarchica”, dove la distinzione tra potenti e umili si assottigliava e le classi sociali si confondevano grazie alle maschere e al travestimento.
Tutto era permesso, tranne la violenza, che però dilagava a causa degli eccessi di alcol. Il cuore della festa era via Lata, oggi conosciuta come via del Corso, teatro della famosa corsa dei cavalli berberi.
Questa competizione vedeva cavalli senza fantino correre dall’obelisco di piazza del Popolo fino a Palazzo Venezia. I cavalli erano allevati specificamente per questa gara e decorati con nastri colorati.
Per preparare i cavalli alla corsa, qualche giorno prima dell’inizio delle gare, venivano portati all’obelisco per abituarli al percorso.
Ma il vero “trucco” per farli correre al massimo consisteva in un sistema che oggi considereremmo maltrattamento: sotto la coda, in corrispondenza dell’ano, veniva spalmata una miscela (tipo pece) urticante, di peperoncino, pepe, ortica e altre erbe irritanti.
Questo spingeva i cavalli a fuggire dalla sensazione di disagio, dando il massimo nella corsa.
Da questa pratica deriva il detto “Non me mette la prescia al culo”, che letteralmente significa “Non mi mettere fretta nel fare ciò che chiedi”.
Un’altra espressione, “La gatta presciolosa fece li figli ciechi”, ci ricorda che fare le cose in fretta spesso porta a risultati scadenti.
Il Carnevale romano, con le sue tradizioni e i suoi detti, ci offre uno spaccato vivace e colorato della storia di Roma, ricordandoci l’importanza di prendersi il tempo necessario per fare le cose bene.
E voi, quale delle tante storie romane amate di più? Condividetelo nei commenti!
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