Squid Game – Una frittura di paranza! 18 Ottobre 2021 – Posted in: Momenti – Tags: #momenti #topic #losapeviche #curiosity #squidgame #netflix #sfida #fenomenologiadellalingua #fenomenologia
Fenomeno mondiale alimentato dal passaparola e da una catena infinita di meme che rimbalzano in rete da settimane, Squid Game è la serie TV del momento, capace d’aver tritato ogni record di Netflix. Tutti ne parlano e spesso entra nelle formule di rito tra conoscenti, sancendo un confine, un prima e un dopo tra chi s’è lasciato conquistare e chi ancora no.
Altro che Takeshi’s Castle
Cos’ha spinto il pubblico italiano, storicamente allergico alle lingue originali, ad affrontare le vocali aperte e sospese del coreano, lingua in cui si può vedere Squid Game, aiutati solo dai sottotitoli? Gli ingredienti sono tanti e vanno al di là della veste accattivante con cui Squid Game è presentato.
L’impossibile riscatto degli ultimi
Squid Game, infatti, propone il celebre e surreale Takeshi’s Castle, coi suoi giochi infantili e grotteschi, ma in una forma decisamente più crudele. A finirci dentro è il protagonista: giocatore incallito e pieno di debiti, indolente e mentitore, è contattato da una misteriosa organizzazione che sembra conoscere ogni aspetto della sua vita, a partire dalla sua piccola figlia in procinto di partire per gli USA con la sua nuova famiglia e alla quale lui non può garantire alcun futuro.
Stretto dalla morsa dei debiti e con la malavita alle calcagna, l’uomo accetta di partecipare al gioco misterioso, che sembra promettergli enormi ricchezze. Sedato, si risveglia in un hangar: è uno di cinquecento persone totali, uomini e donne d’ogni età e ceto sociale, tutti però accomunati da un’esistenza ormai giunta al limite. Nelle loro divise verdi, sono rapidamente istruiti da guardie in divisa rossa e dal volto coperto con caschi integrali sulle sole tre regole del gioco.
Soldi, soldi, soldi
Sulle loro teste, sospeso, un enorme salvadanaio trasparente a forma di maialino lascia vedere nella sua trasparenza la montagna di soldi del montepremi destinati al vincitore finale: sarà un magnete irresistibile per tutti i partecipanti, anche quando scopriranno che i giochi cui parteciperanno metteranno in palio la loro vita. A ogni morto, si riempirà di nuove mazzette di banconote.
Una grande metafora
Squid Game mostra velocemente il suo lato brutale e angosciante dopo pochi minuti, reso ancora più potente dall’efficace contrasto dato dalle scenografie e dalla fotografia, caratterizzate da colori pastello sgargianti, sui quali andranno a stamparsi copiosi schizzi di sangue, e fornendo un surreale contrasto alle sciagurate storie dei concorrenti.
Sono numerosi i richiami, tante le metafore. Se i caschi delle guardie, guidate da un misterioso personaggio mascherato e dall’uniforme differente, riportano tre dei quattro simboli del joypad della Playstation, è inevitabile ravvisare in Squid Game un ritratto privo di speranza della nostra società consumistica, in modo particolare quella degli abitanti delle cosiddette Tigri Asiatiche, quattro nazioni che fino alla fine degli anni ’90 dettavano i ritmi di uno sviluppo capitalistico vertiginoso e di cui la Corea del Sud era fiera appartenente.
Homo homini lupus
Il motto homo homini lupus è tradotto in coreano e declinato nelle tante situazioni estreme e tragiche nelle quali i protagonisti saranno costretti a operare scelte impossibili, in un contesto in cui i deboli soccomberanno presto, le alleanze non avranno mai valore e saranno pochi i momenti di riscatto, fino a un finale amaro, che fa riflettere.
La migliore serie degli ultimi anni?
Come tutti i fenomeni di costume, Squid Game è argomento di numerose discussioni e ha avuto il merito d’aver avvicinato tanti spettatori a un prodotto inusuale e meno superficiale della media di detective, serial killer o adolescenti in esplosione ormonale cui siamo soliti assistere. Ma è davvero la migliore serie degli ultimi anni, come molti pensano? Oppure stiamo assistendo a un fenomeno in qualche modo gonfiato da un incontrovertibile effetto novità?
Tanti pregi…
Squid Game ha dalla sua molti elementi positivi. La storia, innanzitutto, è potente e può essere serenamente sovrapponibile a culture lontane da quella coreana, tant’è che, oltre ai rumor su un possibile sequel, altre voci sembrano segnalare un interesse di Hollywood per una versione occidentale dello show.
A sostenere la trama, inoltre, concorre un cast eccezionale, in cui ogni personaggio trova un volto credibile: attori e attrici sono bravissimi nel plasmare i rispettivi personaggi e le loro miserie umane. Tra di essi, esemplare e carica di significato la vicenda dell’unico immigrato dei giocatori, anch’essa portatrice del suo valore simbolico.
… e qualche difetto
Non tutto, però, gira nel verso giusto. La sottotrama del poliziotto, unico esponente delle forze dell’ordine a sospettare che stia accadendo qualcosa di losco, per esempio, sembra accessoria e nulla aggiunge alla storia complessiva. Lo stesso colpo di scena finale non pecca tanto nel suo essere non esattamente imprevedibile, quanto nell’allungare un episodio che, nel cambio di registro narrativo, sembra faticare a veicolare il suo messaggio.
Una serie comunque da vedere
Nel complesso, però, Squid Gameha l’innegabile capacità di restare dentro anche dopo diversi giorni dalla sua visione e almeno propone un dramma diverso dalla maggior parte dei prodotti proposti sui vari canali in streaming, offrendo uno spaccato piuttosto impietoso di un’umanità che sembra aver smarrito irrimediabilmente la strada. Non un capolavoro, ma una riflessione potente per tutti noi.
(Fonte bit.ly/3j7mmPB)