NINO MANFREDI 15 Aprile 2021 – Posted in: Biografie – Tags:

NINO MANFREDI

Saturnino Manfredi, per tutti Nino, nasce il 22 Marzo 1921 a Castro dei Volsci (Frosinone).

Si laurea in Giurisprudenza a Roma e successivamente si iscrive all’Accademia d’Arte Drammatica. Nel 1945 esordisce nel teatro e nel corso del lungo tirocinio sul palcoscenico lavora con Eduardo De Filippo e Orazio Costa, che considererà sempre il suo maestro. Fin dall’inizio Manfredi spazia in ogni campo dello spettacolo, dal varietà alla radio, dalla televisione al doppiaggio.
L’esordio nel cinema con “Torna a Napoli” e “Monastero di Santa Chiara” nel 1949, non è dei più entusiasmanti. Ma Manfredi non si scoraggia e il successo arriva alla fine degli anni ’50 con un’ampia galleria di personaggi, tutti rappresentanti di vizi e virtù dell’Italia del boom, dal grigio burocrate casa e ufficio de “L’impiegato” (Gianni Puccini, 1959) al pubblicitario truffaldino di “Io la conoscevo bene” (Antonio Pietrangeli, 1965).

Sarà poi la commedia musicale ad affermarlo al grande pubblico teatrale, nel 1963 con “Rugantino”, guidato dall’esperienza di Garinei e Giovannini, al fianco di attori del calibro di Aldo Fabrizi e Bice Valori, ottiene un successo straordinario. Convince non soltanto in parti comiche o brillanti, ma anche come attore drammatico. I personaggi che interpreta sono uomini fondamentalmente ottimisti, in possesso di una loro dignità e moralità, destinati inevitabilmente alla sconfitta ma non umiliati; grazie alle loro doti di amara ironia, sono spesso in grado di sovrastare il prepotente e ipotetico vincitore.

Il 1972 è l’anno delle “Avventure di Pinocchio” uno sceneggiato televisivo diretto da Luigi Comencini che vede l’attore ciociaro nel ruolo di Geppetto, il falegname e papà di Pinocchio; ottiene anche in questa occasione un ottimo successo di pubblico e critica. Sempre nel 1972 fa coppia con Mariangela Melato nel film “Lo chiameremo Andrea” di Vittorio De Sica.

Si cala poi nei panni dell’emigrante italiano in Svizzera costretto a tingersi i capelli di biondo in “Pane e cioccolata” (1973) di Franco Brusati; in quelli del portantino d’ospedale Antonio in “C’eravamo tanto amati” (1974) di Ettore Scola, per poi diventare Michele Abbagnano il venditore abusivo di caffè sui treni in “Cafè Express” (1980) di Nanni Loy, a detta di molti la sua interpretazione più intensa e sofferta. Nel 1976 Ettore Scola lo dirige nuovamente in “Brutti, sporchi e cattivi”: Nino Manfredi è Giacinto Mazzarella, il dispotico capo di una famiglia della periferia di Roma.

In qualità di attore ha conquistato cinque Nastri d’Argento e cinque David di Donatello.

Molto attivo alla radio, ospite d’onore in trasmissioni di ogni genere, si è esibito anche come cantante: nel 1970 la sua versione del classico di Ettore Petrolini “Tanto pe’ cantà” (risalente al 1932) raggiunge le primissime posizioni della Hit Parade.

Manfredi si cimenta, di tanto in tanto, anche nella regia e negli anni ’80 e ’90 si divide tra cinema e fiction televisive.

Sul piccolo schermo ha un successo al di là delle attese con la fiction “Linda e il Brigadiere” (1997 -2000) nel quale interpreta, appunto, il brigadiere Nino Fogliani accanto ad una splendida Claudia Koll. L’ultimo suo toccante ruolo è quello di Galapago nel film, uscito postumo, “La fine di un mistero”, diretto da Miguel Hermoso.Manfredi è qui uno sconosciuto privo di memoria, salvato dalla morte da un pastorello durante la Guerra civile spagnola del 1936 e ricoverato per quarant’anni in un manicomio; alla fine, grazie ad alcune ricerche, si scopre la sua identità: quella del poeta Federico Garcia Lorca, che la pellicola immagina miracolosamente sopravvissuto alla fucilazione ad opera dei Franchisti. Si tratta di un’interpretazione lodatissima dalla critica: asciutta, scarna ed essenziale, quasi senza parole, fatta soltanto di sguardi fissi, che gli vale il Premio alla carriera intitolato a Pietro Bianchi.

Nino era uno del popolo, le sue interpretazioni non scadevano mai nello stereotipo, la sua abilità nel cogliere gli aspetti più intimi delle categorie umane lo hanno fatto entrare nel cuore di milioni di italiani che ancora oggi lo considerano uno dei migliori interpreti della storia del cinema nostrano.

Nel settembre 2003 viene colto da un collasso cardiaco, nove mesi più tardi muore. É gremita piazza del Popolo il giorno delle esequie, un lungo applauso accoglie il feretro del grande Nino, poi, spontanea sale dalla folla una canzone: “Tanto cantà”.