GRAMMATICHERIE 6 Dicembre 2021 – Posted in: Grammatica – Tags:

GRAMMATICHERIE

Troppe le regole della grammatica italiana! Le eccezioni sono infinite! Quante volte abbiamo sentito il “lamento” dei nostri studenti?  Quante volte rassegnati ad imparare a memoria poichè non ne comprendevano la logica?

Qui argomentiamo, grazie alla nostra professoressa Valeria, di alcuni errori più comuni ma di facile “mnemonica” risoluzione:

Si dice…

  1. Figlio di o figlio a?
  2. Chiamare Giuseppe o chiamare a Giuseppe?
  3. Contro me o contro di me?
  4. Sparare qualcuno o sparare a qualcuno?
  5. Vicino Roma o vicino a Roma?
  6. Beato te o beato a te?
  7. Gratis o a gratis?

Si può dire…

  1. Sono amica con Anna?

E si scrive…

  1. Finora o fin ora?
  2. Ventitre o ventitré?
  3. Un eco o un’eco?

 

Soluzioni

  1. Si può dire e scrivere solo figlio di. Come con gli altri nomi di parentela (padre, madre, genero, cognato, zia, nipote…), la preposizione richiesta è L’abitudine di indicare la relazione di parentela con a anziché con di , diffusa in alcuni dialetti del Centro e del Sud, in Italiano non è accettabile.
  2. Chiamare Giuseppe, senza la preposizione a. Il verbo chiamare è transitivo: regge il complemento oggetto diretto, senza preposizioni. L’abitudine di premettere al complemento oggetto la preposizione a, tipica dell’italiano parlato in alcune regioni del Sud, è scorretta.
  3. La preposizione contro, quando è seguita da pronomi personali , deve essere collegata a questi per mezzo della preposizione di: Sono tutti contro di me; Si è gettato contro di lui; Non ha nulla contro di loro contro lui, e non: Sono tutti contro me; Si è gettato contro lui; Non ha nulla contro loro.
  4. Si dice sparare a qualcuno. Il verbo sparare ammette il complemento oggetto (sparare un colpo, una cannonata, eccetera), ma non in riferimento al bersaglio: il bersaglio deve essere sempre preceduto da a (sparare a un uomo,  a un’ombra, a un animale, eccetera). Il tipo sparare qualcuno, non raro in alcune regioni d’Italia ma estraneo alla lingua corretta, si spiega con il fatto che anticamente sparare valeva  “sventrare”, “squarciare”, e questo significato non richiedeva la preposizione a: sparare un maiale, un orso, una volpe, eccetera.
  5. Bisogna sempre dire e scrivere vicino a Roma, vicino a casa, vicino a noi. L’uso di vicino senza preposizione è dunque scorretto, anche se risulta abbastanza comune e diffuso da tempo.
  6. L’espressione corretta è beato te; beato a te nasce da un’interferenza dialettale meridionale.
  7. Si dice gratis. Questo avverbio significa gratuitamente e deriva dall’espressione latina gratiis, cioè “per le grazie”, “graziosamente”; non deve mai essere preceduto da a, perché sarebbe come se dicessimo (e scrivessimo) a gratuitamente. Forse il modo errato a gratis è diffuso per imitazione di altre espressioni in cui è presente, in modo del tutto corretto, la preposizione a: a pagamento, a rate, a poco prezzo, e dunque, per analogia, a gratis.
  8. No, bisogna dire e scrivere: Sono amica di Anna. L’abitudine di indicare la relazione di amicizia tramite con anziché tramite di diffusa in alcuni dialetti del Centro e del Sud, in italiano non è accettabile.
  9. Solo unito: finora
  10. Ventitré. Il numero tre, preso da solo, non va accentato; i numeri composti che finiscono con tre, invece, sì. Questo dipende dal fatto che in italiano, sulle parole formate da una sola sillaba l’accento, tranne che in casi particolari, non va segnato; è obbligatorio segnarlo sulle parole di più sillabe accentate sull’ultima, come ventitré, trentatré,
  11. *Eco è femminile: l’/un’eco

*La ninfa Eco 

 Eco è una delle Oreadi, le ninfe delle montagne. Secondo “ Le Metamorfosi” di Ovidio, la fonte letteraria più antica del mito, Zeus notando l’attitudine di Eco per il pettegolezzo, la spinse ad intrattenere sua moglie Era in modo da distrarla dai suoi amori furtivi. Era però si accorse dell’inganno, e la punì togliendole l’uso della parola e condannandola a dover ripetere solo le ultime parole che le venivano rivolte o che udiva.

La ninfa si innamorò perdutamente di Narciso, ma non potendogli confessare il suo amore, riusciva a ripetere solo le ultime parole da lui pronunciate. Esasperato da questo atteggiamento, Narciso fuggì via da Eco, non facendosi trovare mai più. La ninfa disperata iniziò a cercarlo ovunque e dal dolore si lasciò morire di fame. Di lei restò solo la voce e gli dei impietositi la trasformarono in una roccia. Secondo un’altra versione del mito , il dio Pan, innamoratosi di Eco e adirato per non essere corrisposto, suscitò la follia nei pastori, che la fecero a pezzi; così le membra di Eco, nascoste ovunque dalla Terra, risuonano lamentosamente.

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