FAUSTO COPPI – IL CAMPIONE DI CICLISMO 15 Settembre 2021 – Posted in: Biografie – Tags:

Fausto Coppi

(Castellania, 15 settembre 1919 – 2 gennaio 1960, Tortona)

“È il mio chiodo fisso la “Sanremo”; una preziosa gemma che manca alla mia collana di vittorie”.

Nato a Castellania, un piccolo borgo alle porte di Tortona, Fausto Coppi è conosciuto da sempre come un campione leggendario del ciclismo. Ma la sua storia va al di là di tutto questo e dello sport. La sua è una storia di lacrime e sangue, la storia di una vita vissuta intensamente fino a bruciarsi.

In quel piccolo borgo la Grande Guerra era ormai alle spalle, ma Domenico Coppi se la ricorda bene: zoppo da una gamba e devastato dall’alcol, il padre di Fausto è un uomo duro, così come la madre, Angelina Bovari, che aveva sposato Domenico quando era ancora fanciulla e che ha l’aspetto di una donna plasmata dalla fatica del lavoro. Faustino sin da piccolo si occupa della terra e del bestiame. Da adolescente si trasferisce a Novi Ligure e lavora come garzone in una salumeria, anche se lo zio prete lo voleva veder percorrere un cammino religioso in seminario. Fausto invece seguirà il suo, di cammino.

Durante il lavoro a Novi Ligure, consegna a domicilio cavalcando una bicicletta da donna. La sua prima vera bici è però una Maino grigia che il padre Domenico compra per 500 lire insieme allo zio. La prima corsa è del 1937, ma la sua gomma si sgonfia a metà gara e il ragazzo è costretto a ritirarsi. L’incontro decisivo è con Biagio Cavanna che insegna a questo ragazzo alto e fin troppo magro i segreti del ciclismo, tra cui la fatica e qualche trucchetto del mestiere. Cavanni gli dice ripetutamente: Se mi seguirai, diventerai un campione. E così lui fa.

È il 1939 quando inizia a correre da professionista e a collezionare le prime vittorie. L’anno successivo passa alla squadra Legnano di Gino Bartali, una personalità a lui opposta e nello stesso anno vince il primo Giro d’Italia diventando il più giovane vincitore di un Giro d’Italia.

Mentre pensa al ciclismo però esplode la Seconda Guerra Mondiale e Fausto diventa militare e viene fatto prigioniero in Africa. Esce incolume da questa esperienza, più deciso che mai a riprendere gli allenamenti in bicicletta. Il ciclismo per Coppi è libertà, fuga, gli basta montare in sella e volare via lontano.

“Per un corridore il momento più esaltante non è quando si taglia il traguardo da vincitori. E’ invece quello della decisione, di quando si decide di scattare, di quando si decide di andare avanti e continuare anche se il traguardo è lontano”.

Nel 1946 riprende quindi l’attività professionistica ma lascia la Legnano di Bartali e firma per la Bianchi, con la maglia biancoceleste e fa il suo esordio alla Milano-Sanremo e con un distacco di 14 minuti sul secondo arrivato.

“Tornerò con un leone. Voglio impagliarlo e regalarlo a Bartali”, disse Fausto Coppi scherzosamente ad alcuni amici prima di partire per l’Alto Volta nell’Africa Equatoriale francese per una corsa di poca importanza, accettata soprattutto per la partita di caccia grossa che gli era stata promessa. Fausto amava la caccia, e nel 1959 parte con alcuni amici in viaggio per l’Africa per partecipare a una competizione e in seguito a una battuta di caccia. Tornato in Italia con la febbre alta, il Campionissimo capisce di essersi ammalato: ha contratto la malaria ma alcuni medici sbagliano e la curano come una forte influenza. Fausto Coppi muore il 2 gennaio 1960 all’età di appena 40 anni.

Era una persona estremamente competitiva e dedita alla fatica fisica, è arrivato al traguardo per cinquantotto volte completamente da solo, distaccando tutti. “Mi sarebbe bastato un cavalcavia, non una salita vera, per staccare Van Steenbergen e Kübler, che invece mi batterono allo sprint” disse riguardo il campionato mondiale su strada 1949 di Copenaghen deluso perché arrivato solo terzo. Nello stesso anno ha vinto il Giro d’Italia, il Tour de France, la Milano-Sanremo e il Giro di Lombardia. Oggi di lui si ricorda la leggenda, il mito, l’epica del trionfo. Ha sconfitto tutti ed è arrivato alla gloria.

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