GULAG – UN ACRONIMO RUSSO 18 Febbraio 2021 – Posted in: Parole

L’olocausto sovietico: 60 milioni di morti.

Gulag è un acronimo che in russo sta per «Direzione principale dei campi di lavoro correttivi»: erano stati istituiti dagli zar, ma fu Lenin a annunciare – già nel 1917, subito dopo la presa del potere – che tutti i «nemici di classe», sarebbero stati trattati alla stregua dei peggiori criminali, anche in assenza di prove: ex nobili, imprenditori e grandi proprietari terrieri prigionieri, funzionari corrotti, ma soprattutto nemici politici; e tali venivano considerati anche i semplici dissidenti.

Nel 1931-32 i Gulag, situati nel gelo siberiano, avevano circa 200mila prigionieri; nel 1935 erano saliti a circa un milione, e dopo la Grande Purga staliniana del 1937 erano quasi due milioni. Presunti corrotti e presunti sabotatori vennero trovati e incarcerati in massa per giustificare la cattiva pianificazione, la sottoproduzione, i cattivi raccolti e gli innumerevoli progetti falliti del sistema sovietico.

 

Si era scoperto ben presto che i Gulag potevano fornire un’immensa forza lavoro a bassissimo costo per sostenere il faticoso sviluppo dell’economia sovietica.

Durante gli anni Trenta il terrore staliniano colpì anche le comunità straniere – per quanto comuniste – che vivevano in Unione Sovietica. Secondo le recenti ricerche del Centro Studi Memorial di Mosca, sospettati, nella maggior parte dei casi, di attività antisovietica e di spionaggio, alcune centinaia di italiani, per lo più emigrati politici e giunti in Urss negli anni Venti, per sfuggire al fascismo, incantati dal miraggio del paradiso comunista, «morirono fucilati dopo processi sommari e lunghe sofferenze nei campi di lavoro forzato».

La popolazione dei Gulag calò molto durante la Seconda Guerra Mondiale, perché centinaia di migliaia di prigionieri furono mandati d’autorità a morire in prima linea. In compenso, nei campi la mortalità aumentò paurosamente nel 1942-43, per stenti, fame e malattie.

All’inizio degli anni Cinquanta i detenuti dei Gulag erano circa due milioni e mezzo, soltanto in minima parte disertori e criminali. Molti erano russi prigionieri di guerra, accusati di tradimento e di cooperazione con il nemico, perché costretti dai nazisti a lavorare per loro.

Molti altri venivano da territori annessi all’Urss dopo la guerra. Una sorte particolarmente iniqua toccò ai discendenti degli italiani che vivevano a Kerc’, in Crimea: 150 famiglie deportate in Kazakistan del Nord e in Siberia, originari di famiglie pugliesi che si erano trasferite in Russia all’inizio dell’Ottocento. Anche i superstiti soldati italiani dell’Armir, accusati strumentalmente di reati comuni, passarono dalla giurisdizione militare a quella del Gulag.

Il destino più crudele toccò a quei disgraziati che passarono direttamente dai lager nazisti ai Gulag sovietici. Il tasso di mortalità nei Gulag raggiungeva in molti campi anche l’80 per cento nei primi mesi, a causa delle assurde quote di produzione assegnate ai prigionieri – soprattutto in miniera e nei boschi – della fame, del freddo e della mancanza di cure.

Basti pensare che il valore nutrizionale di una razione giornaliera (principalmente da pane di bassa qualità) era intorno alle 1.200 calorie, mentre la necessità minima per chi svolge un lavoro pesante è compresa tra le 3.100-3.900 calorie.

 

 

Dopo il XX Congresso del Pcus, nel 1956, in cui Krusciov denunciò i crimini di Stalin, anche le vittime italiane furono riabilitate, ma la maggior parte era ormai morta, e pochissimi riuscirono a tornare in patria. Secondo lo stesso Centro Studi Memorial, in Italia «la memoria delle vittime italiane del Gulag rimase a lungo dimenticata, complice l’ostinato silenzio del Partito comunista italiano che preferiva non ricordare le responsabilità dei propri dirigenti e di Togliatti, presenti a Mosca negli anni Trenta».

 

I Gulag furono soppressi ufficialmente nel 1960. Soltanto fra il 1934 e il 1953 il totale documentabile di vittime del sistema di lavoro correttivo è di 1.054.000 individui, fra prigionieri politici e comuni. Vi si aggiungano circa 800.000 esecuzioni di «controrivoluzionari» eseguite fuori dal sistema dei campi. Ma secondo le denunce di Solgenicyn e di altri dissidenti sovietici, l’«Arcipelago Gulag», ovvero l’intero sistema sovietico, provocò in totale 60 milioni morti, compresi quelli uccisi dalle numerose carestie.

 

(Fonte Web Gaetano Riotto)