L’ARTE DELL’ASSILLO : IL CUTTURÌU

L’ARTE DELL’ASSILLO : IL CUTTURÌU 2 Aprile 2021 – Posted in: Modi di dire

Quando si tratta di ottenere quello che desiderano, i siciliani spesso rinunciano alle scenate plateali, preferendo invece un approccio più soft ma non per questo meno efficace

Ph. mali desha | Unsplash

I siciliani hanno una maniera tutta loro di praticare l’arte della persuasione. In cosa consiste? In un lento ma inarrestabile cutturìu.

Si inizia corteggiando una persona e si finisce per cutturiàrla, si vuole strappare un favore ai genitori e si opta per la stessa azione, si vuole portare a termine una compravendita e si rilancia il proprio prezzo, per l’importanza di concludere le trattative cutturiàndol’interlocutore.

Che caratteristiche ha questa singolare forma di assillo? Certamente non si limita a un fastidio qualunque, a un’insistenza sfrontata e un po’ troppo pressante, anche perché spesso passa da modi dimessi e frasi lasciate a metà, da toni bassi ed espressioni del viso all’apparenza discrete.

Per parafrasare alla lontana un verso di Fabrizio De André, insomma, il cutturìu non bussa, lui entra sicuro, ma anche sotterraneo.

Il verbo cutturiàre, non a caso, secondo alcuni deriverebbe dall’antica radice ebrea kut, che significa proprio infastidire, mentre secondo altri potrebbe risalire alla voce latina coquere, ovvero cuocere (oggi, per intenderci, sopravvivere nella parola cottura e nel suo corrispettivo francese, cuisson, e siculo, cuttura).

In altre parole, si tratterebbe di una maniera metaforica per descrivere una cottura a fuoco lento, che già secondo Piccitto nel 1887 equivaleva a un disturbo senza sosta, e che nel 2008 si ritrova addirittura in un articolo de La Sicilia a firma Giuseppe Lazzaro Danzuso, intitolato La donna che diede origine ai Biscotti della Monaca e uscito il giorno 8 gennaio:

«Gli affari andavano talmente bene per chi si lanciava nel ramo dolciario che tutti a Catania erano alla ricerca dei ricettari dei cosi duci di la batia, come li definì nella poesia omonima, il poeta palermitano Giovanni Meli.

Così Rosaria, ventenne nipote di Mara – che, morti i genitori, viveva in casa della sorella maggiore, sposata a un Di Mauro –, cominciò a cutturiari, a cuocersi a fuoco lento, la z’a monica».

Dalla cucina a tutte le altre stanze della casa, insomma, il cutturìu accompagna i siciliani ovunque si trovino, almeno fino a quando non raggiungono uno dei loro numerosi intenti.

(Fonte bit.ly/3uev6q8)