Il Dalai Lama – Tenzin Gyatso 6 Luglio 2023 – Posted in: Biografie, Date storiche – Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,

TENZIN GYATSO

(Taktser, 6 luglio 1935)

“Ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere.”

Lhamo Dondrub, ossia “Dio che esaudisce i desideri” in tibetano, nasce in una povera e numerosa famiglia di agricoltori a Taktser.

Il Dalai Lama è nato il 6 luglio 1935, nella regione di Amdo, in Tibet. È stato scoperto quando aveva due anni, secondo la tradizione tibetana, attraverso una serie di segni e indicazioni, e poi è stato riconosciuto come la reincarnazione del tredicesimo Dalai Lama.

Era un bambino ritenuto la reincarnazione del XIII Dalai Lama, scoperto da un gruppo di Monaci che fecero in modo di condurlo, nel 1939, al Potala, la residenza dei Dalai Lama, senza troppe resistenze da parte della famiglia, il bambino fu intronizzato come XIV Dalai Lama nel corso di una solenne cerimonia in cui fu ribattezzato Jetsun Jamphel Ngawang Lobsang Yeshe Tenzin Gyatso cioè “Sacro Signore, Gloria gentile, Compassionevole, Difensore della fede, Oceano di saggezza”.

A sei anni comincia l’educazione monastica e politica in vista di ciò che dovrà diventare raggiunta la maggiore età. Alla sua famiglia viene assegnato un titolo nobiliare e una proprietà fondiaria

“Se pensi di essere troppo piccolo per fare la differenza, prova a dormire con una zanzara.”

A soli 15 anni viene investito dei pieni poteri, in modo che potesse guidare la liberazione del Tibet, infatti proprio nel 1950 la Cina di Mao avanzo mire espansionistiche e di annessione proprio riguardo il Tibet, basandosi sull’idea che fosse doveroso “riunire alla madrepatria tale regione occidentale della Cina”.

I soldati cinesi non si risparmiarono in violenza e vessarono l’intera popolazione tibetana, dai monaci agli agricoltori, dopo quattro anni di brutalità, il Dalai Lama decise di andare in Cina e cercare di mediare personalmente con il Governo di Mao. Vi restò due anni e non riuscì a risolvere pacificamente la questione.

“Le decisioni sono un modo per definire se stessi. Sono il modo per dare vita e significato ai sogni.”

Nel marzo 1959, in Tibet si scatena una potente ribellione che verrà repressa nel sangue dall’Esercito Popolare Cinese di Liberazione: migliaia di uomini, donne e bambini vennero massacrati ovunque.

Il Dalai Lama con l’intenzione di sensibilizzare il mondo riguardo la sofferenza provata dal popolo tibetano fuggì la notte del 17 marzo, arrivando in India due settimane dopo.

Sostenuto dal primo capo di governo dell’India autonoma, prese residenza a Dharamsala con un seguito di centoventimila tibetani e formò un governo in esilio, divenendo così il primo Dalai Lama costretto a vivere a tempo indefinito al di fuori del Tibet.

Cosa che gli valse, da parte della Cina, il titolo di pericoloso secessionista intenzionato a distruggere l’unità nazionale cinese.

“Quello che mi sorprende degli uomini è che perdono la salute per fare i soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere né il presente né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto”.

Il Dalai Lama è uno dei più grandi sostenitori della nonviolenza e della coesistenza pacifica nel mondo, ricevette il Premio Nobel per la pace proprio per la sua estenuante e continua lotta per la liberazione del Tibet, appunto, nonviolenta bensì basata sulla tolleranza.

Da sempre è promotore di proposte costruttive per la soluzione dei conflitti internazionali, per il problema dei diritti umani e per le questioni ambientali globali. Alla cerimonia del Nobel dichiarò:

“Mi considero solo un semplice monaco buddhista. Niente di più, niente di meno. Quello che è importante non sono io, ma il popolo tibetano. Questo premio rappresenta un incoraggiamento per i sei milioni di abitanti del Tibet che da oltre quarant’anni stanno vivendo il più doloroso periodo della propria storia. Nonostante ciò, la determinazione della gente, il suo legame con i valori spirituali e la pratica della non violenza rimangono inalterati. Il premio Nobel è un riconoscimento alla fede e alla perseveranza del popolo tibetano”.

Naturalmente queste parole scatenarono diverse proteste e polemiche da parte del governo cinese.

Nel dicembre 2007 ha in programma un viaggio in Italia, durante il quale papa Benedetto XVI e il Primo ministro Romano Prodi non lo ricevettero per paura di aprire un incidente diplomatico con Pechino. Venne comunque ricevuto dal Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, da esponenti del clero cattolico e di altre religioni, e insignito della cittadinanza onoraria di Torino.

Passa alla storia la sua dichiarazione dopo la morte di Osama bin Laden, capo dell’organizzazione terroristica di al-Qaeda, nel corso di una conferenza stampa nel New Jersey ha dichiarato il proprio rammarico:

Mi sento un po’ triste per l’uccisione di Osama bin Laden. Penso che non sia giusto, è come quando fu impiccato Hussein. Anche lì mi sono sentito molto triste”.

L’11 marzo 2011 si dimette da capo del governo tibetano in esilio, in favore di un successore eletto dal Parlamento esule.

Ha fatto sapere che nell’ultimi anni della sua vita si ritirerà nel Monastero di Tabo, il più importante del Buddhismo tibetano fuori del Tibet.

Inoltre ha espresso la sua intenzione di non essere reincarnato come prossimo Dalai Lama se il Tibet rimarrà sotto il controllo cinese. Ha suggerito che potrebbe scegliere di reincarnarsi al di fuori del Tibet o che il suo successore potrebbe essere identificato prima della sua morte.

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