La morte della lingua italiana? Quando il menù parla inglese 17 Ottobre 2025 – Posted in: Parole Straniere – Tags:

Quando il menù parla inglese – Il paradosso del “Comfort food”

Dal 24 al 26 ottobre, Milano ospita il Cook Festival, tre giorni dedicati ai protagonisti della cucina italiana.

Peccato che, scorrendo il programma, sembri di leggere la carta di un bistrot londinese: food talk, cook night, listening bar, food market…

Siamo davvero sicuri che per celebrare il cibo italiano servano tutte queste parole straniere?

Il comfort food, in teoria, dovrebbe rassicurare. Ma se il conforto arriva da un lessico importato, il rischio è di digerire male anche la lingua.

Il trionfo degli anglicismi

Nel linguaggio gastronomico contemporaneo, l’inglese è diventato la salsa universale.

Ogni evento, ogni piatto, ogni format sembra dover indossare un nome “internazionale” per sembrare moderno.

Così, il tradizionale “incontro con gli chef” diventa food talk.

La “serata di degustazione” si trasforma in cook night.

E il buon vecchio “mercato del gusto” assume il volto patinato del food market.

Ma sotto questa patina anglofona si nasconde un problema più profondo: una perdita di identità linguistica.

L’italiano, che ha dato vita a parole come “zuppa”, “pane”, “sapore”, viene messo a tacere nel paese che ha insegnato al mondo il gusto di parlare con le mani e con il cuore.

Perché accade?

La risposta è semplice (e amara): marketing.

L’inglese vende.

È rapido, neutro, “cool”.

Ma l’effetto collaterale è che le parole perdono radici.

Usare food talk invece di “dialogo sul cibo” non arricchisce, confonde.

E soprattutto, disabitua le nuove generazioni a riconoscere la bellezza e la precisione dell’italiano.

Come ha scritto Tullio De Mauro:

“Una lingua si impoverisce non quando perde parole, ma quando smette di usarle.”

Il valore delle parole “nostre”

Ogni parola italiana ha un aroma unico.

Dire “pane” evoca il forno, la terra, la fame e la casa.

Dire bread no.

Dietro ogni termine straniero che importiamo, lasciamo indietro un frammento di cultura.

E quando la lingua smette di raccontare la nostra storia, anche il gusto si fa più debole.

Un po’ d’ironia (che non guasta)

Certo, nessuno vuole bandire gli anglicismi.

Ma il rischio di trasformare il lessico quotidiano in una caricatura è reale.

Presto potremmo trovarci a partecipare a un Soul Breakfast Experience, o a prenotare un Love AperiTalk con Chef Coach Experience Manager.

Sembra uno scherzo. E invece è già realtà in molte locandine italiane.

Conclusione: torniamo a “parlare italiano”

Il Cook Festival resta un evento interessante, ma offre un’occasione di riflessione: quanto spazio stiamo lasciando alla lingua italiana?

Non è nostalgia, è sopravvivenza culturale.

La lingua, come la cucina, vive di identità, tradizione e creatività.

E se vogliamo che continui a parlarci al cuore, dobbiamo tornare a impastarla con le mani, non con le mode.

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